domenica 4 marzo 2018

MAI DIRE GAY

Oggi 4 marzo 2018 Robinson (inserto settimanale de la Repubblica) riporta un lungo colloquio tra Nicola Lagioia (scrittore e direttore del Salone del Libro) e Luca Guadagnino (regista). Appena sarà possibile lo vorrei postare perché credo debba essere letto. Sempre stanotte, come saprete, assegnano gli Oscar e “Chiamami col tuo nome” concorre per 4 statuette. Faccio tutti gli auguri al film (purtroppo il regista non è tra i candidati) perchè si merita un riconoscimento, e dico subito che apprezzo tantissimo Lagioia, sia lo scrittore che il direttore del Salone del Libro. Ma .....
In tutto il lungo e molto interessante dialogo non si usa mai la parola GAY e nemmeno si fa riferimento, anche indiriretto, al tema. Già li sento i critici che alzano le spalle, sorridono, straparlano di provincialismo e fissazione gay, ed a nulla valgono le considerazioni che il tema, ovvero l’amore senza lieto fine tra un adolescente e un giovane uomo, è uno, non l’unico ovviamente, tra gli elementi che hanno portato al successo questo film. Uno, non l’unico: lo ripeto per non essere frainteso. Ma uno tra gli altri non significa affatto dimenticarlo quando se ne parla. Colpa del redattore che ha tagliato delle parti? Possibile. Ma ricordo anche la strana ostinazione del regista a bollare questo film come “NON GAY” o “NON SOLO GAY”. Senza riflettere nemmeno un secondo che questa tigna nel voler oscurare questo aspetto dell’opera sia, in negativo, una prova del fastidio che si prova tutte le volte che si associa il film a queste tematiche. Ho già detto che se si tratta di una scelta di marketing puzza di vecchio lontano un miglio. E l’autore (e tutta la compagnia, almeno sui media italiani) hanno reso impossibile l’unica cosa per la quale loro avrebbero dato il sangue (scommetto): considerare l’amore gay come amore e basta. Perchè non ci vuol molto a capire che negare l’evidenza la enfatizza soltanto. Bastava una comunicazione un pò più moderna, per evitare che ci si intestardisse su questo tema. O i volponi del marketing e della comunicazione dietro al film speravano proprio in questo, ovvero speravano che frotte di gay inferociti invadessero i media con commenti piccati?
Non so, e francamente non me ne importa molto. E’ un bel film, gestito male dal punto di vista della comunicazione. Ed è un bell’articolo sugli anni ‘80 in Italia: peccato che le citazioni fatte siano molto istituzionali, e si dimenticano, tra gli altri, personaggi come Tondelli, o cosa capitò in città come Torino, Roma, Firenze, Bologna sul tema “gay” che finì su tutte le prime pagine, animando, e non poco, quegli anni ‘80 lì. Si, si, anche in questo caso diranno “ma è ovvio”, ma “io conoscevo Tondelli”, ecc. ecc. Peccato che nulla di tutto questo sia scritto nell’intervista, dando una immagine perlomeno parziale di quegli anni, del film e, forse anche del romanzo. Peccato.
Enzo Cucco
4 marzo 2018

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