sabato 22 luglio 2017

KARL HEINRICH ULRICHS

Non ha avuto lo spazio che meritava la notizia che l’Arcigay de L’Aquila (con il fondamentale contributo di due privati donatori che sono Luciano Mazzuccato e Mauro Bertoni) è riuscita a ristrutturare la tomba del primo attivista per i diritti delle persone gay nel mondo, Karl Heinrich Ulrichs, morto proprio a L’Aquila il 14 luglio 1895. La notizia è circolata sui social e su qualche sito lgbti, ma se non sbaglio i media hanno riportato un trafiletto, e nulla più. Sono imbarazzato ma non stupito di questo atteggiamento: Ulrichs è un pezzo della storia mondiale dei diritti, i cui fondatori e fondatrici non godono di fortuna sui media generalisti. Preoccupa invece la sostanziale ignoranza (nel significato terminologico del termine) di un tale personaggio che scrisse 150 anni fa, e forse più, parole importanti e moderne per tutti e tutte noi che facciamo parte dei moderni movimenti lgbti. Le sue cosiddette teorie scientifiche sono discutibilissime (fu lui che coniò il terribile termine di urningo), ma l’influenza che le sue opere ebbero non solo sugli scienziati dell’epoca ma sul primo movimento lgbti del mondo, è straordinario. Gli studi che circolano tra gli storici ci dicono molte cose sulla sua vita e le sue opere, e dobbiamo dire grazie a uno storico del primo movimento come Hubert Kennedy che negli anni 80 scrisse lavori sul nostro autore che ci dicono praticamente tutto (tutto quello che ci è dato conoscere) sulla sua vita. Spero che Hubert sia ancora vivo (ma penso di si), e credo che sia cosa buona e giusta riconoscergli questo merito. In Italia l’interessamento per Ulrichs si è manifestato pubblicamente con un appello uscito sul numero 3 della rivista Sodoma nella primavera del 1986. Era un appello per raccogliere fondi per ricostruire la lastra tombale di Ulrichs scoperta negli anni precedenti proprio da me, a seguito della lettura di un libro che molti non ricordano più ma che fu in quegli anni la prima storia del movimento gay disponibile in italiano, “Gay gay, storia e coscienza omosessuale”, uscito da Salamadra nel 1976, ripubblicato da Savelli nel 1979. In questa antologia il primo saggio era di John Lauritsen e David Thorstad che raccontava la storia del primo movimento in Germania, a partire, appunto da Ulrichs. Fu da quell’opera che venni a sapere che il nostro aveva vissuto i suoi ultimi anni di vita ( dal 1880) in Italia ed era morto a l’Aquila, in stretto contatto con Niccolò Persichetti e altri. Comprai il libro nel 1977 ma solo dal ‘79 partirono le ricerche, con epistole che coinvolsero a largo raggio gli studiosi che allora erano più coinvolti sul tema: Jim Steakly mi mise in contatto con Michael Lombardi (che tradusse opere di Ulrichs in inglese e scrisse saggi sulla sua vita) e poi entrai in contatto Wayne Dynes e lo stesso Kennedy. Anche Giovanni Dall’Orto ebbe una parte nella vicenda e feci alcuni viaggi a L’Aquila per sondare presso l’archivio di Stato locale e la biblioteca (ma anche l’Ospedale e l’archivio delle chiese evangeliche) cosa c’era su Ulrichs. Ero partito a far ricerche su alcune anomalie tra le date ed il luogo della sua morte, ma questi dubbi furono dissolti da una altra domanda: possibile che la presenza di Ulrichs in Italia sia ricordata nell’Italia di quegli anni (e dopo) solo perchè fu un latinista (fu direttore di una rivista che si chiamava Alaudae) di un certo rilievo e molto conosciuta all’epoca? Una rivista che ebbe estimatori importanti, e finanziatori, tra cui ricordo la Regina Margherita e Giacinto Pannella (si, proprio lo zio prete di Marco Pannella, che dedicò un piccolo ricordo di Ulrichs apparso su La Rivista Abruzzese nel numero di settembre 1895 a pag. 411). Possibile che a L’Aquila non si sapesse nulla del suo passato, del fatto che fosse andato via dalla Germania anche per il suo primo attivismo gay? Possibile che gli aquilani non sapessero chi fossero gli illustri ospiti che lo visitarono, tra cui John Addington Symonds? Dopo tante letture e ricerche, oltre ad aver scoperto dove fosse la tomba (proprio lì nel camposanto sul fianco della cappella Persichetti, scoperta nel viaggio che feci nel 1985) mi resi conto in fretta che quasi sicuramente gli aquilani che lo protessero ed aiutarono fossero a conoscenza del suo passato, ma che semplicemente censuravano i dati salienti del suo coming out, dei suoi processi, delle sue attività con il mondo del diritto prussiano per la cancellazione del paragrafo 175 (già allora ....), dei veri motivi della sua fuga dalla Germania ...... La mia consapevolezza si basa sul ricordo che gli dedicò proprio il marchese Persichetti (che ricordo non fu solo una personalità locale, ma un pezzo grosso del Ministero dell’Istruzione dell’epoca) e che fu pubblicato da L’Avvenire della Democrazia il 25 luglio 1895 (1) . In esso infatti si racconta, correttamente, gli uffici di Ulrichs presso l’allora regnante di Hannover, fedeltà che pagò con la reclusione presso Minden, e che fu, secondo l’autore, il motivo per cui Ulrichs scelse di venire in Italia. Si citano le opere pubblicate con lo pseudonimo di Numa Numantius e Persichetti racconta “Con questa opera egli tentò, con grande ardimento e costanza, una radicale riforma dell’apprezzamento di alcuni soggetti giuridici. Per essa sopportò sacrifici e dispiaceri, e subì financo un processo in Wuttemberg dal quale, dopo aver virilmente lottato per dimostrare che il suo scopo era tutto scientifico, riuscì assolto. L’opera fu letta con molto interesse , ma non gli risparmiò acerbe critiche e soltanto prima della morte ebbe la consolazione di vedere le sue teorie adottate da altri dotti” (2). Quindi a L’Aquila sapevano e/o facevano finta di non sapere e semplicemente censurarono l’informazione. Tutto comprensibile considerato il periodo, ma non giustificabile nè agli occhi di un giovane militante gay ne a quelli di un qualsiasi storico. Le mie ricerche si fermarono con la pubblicazione dell’Appello su Sodoma (fallito miseramente ) e soprattutto sulla impossibilitù di consultare gli archivi Persichetti posseduti dalla famiglia Pucci della Genga e conservati a Spoleto. Non escludo affatto, quindi, che le ricerche d’archivio possano gettare nuova luce sugli ultimi anni di Ulrichs (e non solo a L’Aquila, ma anche a Napoli dove lui ricevette una laurea honoris causa, Ravenna e Roma dove abitò) e sull’impatto che ebbe la sua vita sugli italiani che, prima o poi, vennero in contatto con lui. Con gli occhi di oggi ed alla luce delle ricerche che poi furono pubblicate, penso che si possano fare altre ricerche, in loco o presso gli archivi private delle principali famiglie aquilane. Dal 1988 fu Massimo Consoli a ricordare e diffondere le opere di questo studioso e a organizzare una bella iniziativa, che era quella di andare sulla tomba di Ulrichs il giorno dell’anniversario della sua nascita (28 agosto 1825). Massimo tradusse anche alcune sue opere e scrisse una biografia: un’opera importante di divulgazione e ricordo che si deve ricordare e continuare, soprattutto adesso che c’è un minimo di interesse sull’opera del primo attivista. Infatti il locale Arcigay si intitola proprio a Massimo Consoli, e continua insieme alla Fondazione ad egli intestata, gli appuntamenti di fine agosto. Cosa dobbiamo noi, negli anni 2000, a questo autentico eroe? Ebbene questo è un passo tratto dai suoi ultimi scritti: “Fino al momento della mia morte guarderò con orgoglio indietro a quel giorno, 29 agosto del 1867, quando trovai il coraggio di lottare faccia a faccia contro lo spettro di un'antica idra irata che da tempo immemorabile stava iniettando veleno dentro di me e dentro gli uomini della mia stessa natura. Parecchi sono stati spinti al suicidio perché tutta la loro gioia di vivere era sciupata. Infatti, sono orgoglioso di aver trovato il coraggio di assestare a questa idra il colpo iniziale del pubblico disprezzo”. Son parole che suonano importanti non solo per cercare il senso della sua vita ma il senso di tutti i coming out del mondo, da allora ad oggi. Il futuro non può che basarsi sul passato, e la sua conoscenza deve essere sentita come necessaria non soltanto per ragioni storiche, ma sociali e politiche. Io sento il tempo passare, e questo compito è urgente. Ma spero che lo sentano tutti e tutte: siamo a poco dai primi 50 anni del movimento lgbti dei tempi moderni (1969-2019) e dai primi 50 anni del Fuori! (1971-2021). Due ottime occasioni per ripassare un pò di storia, no? Enzo Cucco 22 luglio 2017 https://gayindependent.blogspot.it/ (1) Esiste una sillogge “In Memoriam Caroli Henrici Ulrichs” di Nicola Persichetti pubblicata presso l’editore Cappelli nel 1896 che ospita una breve autobiografia, la notizia apparsa su Il Popolo romano il 18 luglio 1895 e il suo ricordo dell’Avvenire della democrazia. La pubblicazione contiene anche l’elenco di coloro che contribuirono alla costruzione della prima lapide, il testo che su di essa appare e molti altri messaggi pervenuti. (2) si riferisce ad un pezzo apparso su Alaudae (a pag. 355 del colume che contiene tutti i numeri apparsi) su cui l’autore cita i lavori di Kraft Ebing. PS: Ricordo che sul n. 22 di Fuori! (settembre/ottobre 1979) apparve un mio articolo che testimoniava di alcune ricerche storiche che avevo cominciato, si intitolava “Alla ricerca di un movimento perduto”, pp. 30-32

domenica 2 luglio 2017

PER FILIPPO

OGgi ho partecipato ai funerali di un mio caro amico, Filippo Molinengo. Non so quanti lo ricordano a Torino ed in Italia, ma ha avuto un ruolo significativo, per me e nel Fuori! degli anni che furono. Ho molto riflettuto se fare questa nota per ricordarlo: avevo paura che le emozioni la facessero da padrone sui miei ricordi, ed ho scoperto di non avere sue foto, nemmeno negli archivi del Fuori! (ma nei prossimi giorni controllo meglio). Invece poi ho pensato che sarebbe stato più saggio scrivere a caldo qualche riga, per fissare i ricordi e, perchè no, quelle emozioni che così tumultuose sono rinate. Conobbi Filippo nella primavera del 1976, nei comizi elettorali del Partito Radicale. Cercava di vendere la rivista Fuori! e lo ricordo bellissimo: salopette, orecchini pendenti (ben due), baffi (andavano di gran moda tra i gay allora ...) quell’aria gentile e sbarazzina che tanti del Fuori! avevano, dicendo cose scandalosissime con la grazia ed il sorriso sulle labbra. E’ stata la prima persona omosessuale “open” che ho conosciuto, avevo da poco compiuto 16 anni e il PR era per me quella boccata di ossigeno che mi era mancata per anni. Anzi ho avuto per Filippo (lo posso dire oggi) una vera e propria sbandata, e venni subito preso in giro dai compagni e dalle compagne radicali perchè tutte le volte che andavo a uno dei tavoli di raccolta firme chiedevo di lui, e dalla terza volta che accadde mi accoglievano con un “No, Filippo non c’è .....” prima ancora che riuscissi a far la domanda. Era con me quando fummo fermati ad un tavolo selvaggio davanti all’ex Cinema Doria e portati nella centrale dei Vigili Urbani, insieme a Franco Bigatti e Biagio Campanella. Avevo 17 anni, e mi ricordo bene la telefonata che i Vigili fecero per avvisare i miei genitori.... così come ricordo bene Angelo Pezzana e Adelaide Aglietta che vennero alla centrale per verificare che cosa ci stava capitando. Intanto continuava questa cotta per Filippo, passando da un tavolo ad una trasmissione a Radio Torino Popolare o Radio Radicale. Fino a quando un giorno andando al tavolo di Piazza Castello mi dissero (sfottendomi un pò......) che Filippo mi stava cercando. Il cuore mi palpitava pensando a cosa mi avrebbe detto ed invece lui arrivando si diresse verso di me e col tono scanzonato e gentile che ha sempre avuto mi disse che la sera precedente aveva scoperto delle piattole su di se, e mi consigliava di controllarmi ..... Finì così il sogno romantico che mi ero costruito da solo, e cominciò una amicizia che è durata per anni e anni. Filippo letteralmente scomparì dal Fuori! dalla mattina alla sera, non ricordo bene il giorno, tra la fine del 1978 e l’inizio del 1979. La cosa mi colpì, soprattutto per il modo: senza avvisare nessuno. Ed allora non c’erano facebook o i cellulari. Solo dopo un mese si venne a sapere che lui considerava esaurita la sua esperienza nel Fuori!, era tornato nel privato (si diceva così allora quando ci si innamorava di un uomo e si scompariva nel nulla) e si stava dedicando a se stesso ed alla sua vita futura. Lo rincontrai casualmente nel 1983 perchè il mio compagno di allora (ricordi Sebastiano Ricci ?) aveva affittato casa in Via Baretti, sullo stesso pianerottolo di Filippo. E riprendemmo a frequentarci. Ma poco, e senza più parlare di politica. E da allora è sempre stato così: ogni tanto si riavvicinava al gruppo storico dei militanti (il riavvicinamento è stato più intenso dal 2006 in avanti) e poi spariva, senza avvertire nessuno. E si è avvicinato ad una valanga di gruppi e situazioni diverse, e non solo gay. Ricordo bene che per un periodo anche lungo frequentò gli Amici dell’Archivio di Stato, un corso di ceramica ed una miriade di gruppi diversi che si occupavano di arte, di cultura, di natura. E’ sempre stato radicale, e si è avvicinato e allontanato con questo moto sincopato dall’Associazione radicale Adelaide Aglietta per anni. Nel frattempo negli anni 80 si era laureato in farmacia e fui affianco a lui durante il lungo e tormentato periodo di scelta della farmacia ove lavorare. Poi decise di fare un concorso per le farmacie pubbliche (pur avendo i mezzi per averne una lui) e negli ospedali torinesi rimase fino alla pensione. Ha chiesto molte volte nella sua vita consiglio ed aiuto, e sia io che Angelo Pezzana abbiamo provato a consigliarlo ed aiutarlo molte volte. Senza mai riuscirci (o senza mai capire se ci eravamo riusciti) perchè puntualmente lui si allontanava. E questo dell’allontanarsi di fronte a situazioni critiche o conflittuali è stato una sua costante, così come quella curiosa sete di amicizia che lo ha portato nelle situazioni più improbabili. Riprese più volte la terapia psicoterapeutica che credo cominciò proprio sul finire degli anni ‘70 e per periodi anche lunghi assunse farmaci per questo, ma non posso giurare che fu sempre continuativo nelle terapie. Gli rimaneva nel fondo quella tristezza, un malessere sottile e difficile da individuare ma che parlandogli saltava fuori. Bastava guardarlo negli occhi ed ascoltare le cose che raccontava. Un malessere che cresceva con gli anni. Nel 2013 si avvicinò al nascente lavoro che come Lambda terza età stavamo avviando con le persone over 60 lgbt. Partecipò al primo corso di formazione e volle diventare un volontario, non seguendo mai nessuno dei casi che abbiamo avuto. Non che non ci avesse pensato, ma diceva che non era fatta per lui quell’esperienza. Due anni fa è stato di nuovo male: questa volta la depressione fu forte, e chiedeva insistentemente di non vivere più da solo. Arrivando, volontariamente, a ricoverarsi in ospedale (Clinica psichiatrica di Bra) per poi uscirne ed essere ospite di alcune strutture torinesi per anziani. Era tornato a casa sua e alcuni di noi (Barbara, Rosanna, Alessandro) hanno cominciato a stargli affianco, nelle semplici faccende quotidiane come nelle grandi solitudini che ha vissuto. E sembrava che stesse meglio. Il suo ultimo messaggio con noi risale al 20 giugno, ed era di una persona che stava bene, che diceva di non aver bisogno di nulla. Che stava programmando di trasferirsi un pò in montagna per via del caldo afoso che ingabbiava Torino. Ma la mattina del 24 lo hanno trovato morto in casa, suicidatosi probabilmente il 23 in giornata. Mi aveva parlato molte volte di volerla far finita. E tante volte avevamo riso di questa intenzione. Ha pensato a questa ipotesi quando era stato tanto male qualche anno fa ma a nessuno è venuto in mente che potesse trovarsi di fronte a questa scelta oggi. Non era solo, aveva un sacco di contatti e amicizie, ma voleva star da solo. Ed oggi ricaccio i pensieri che affollano la mia mente sull’aver fatto il necessario per evitare questo epilogo. Preferisco pensare, come Marco ha detto (un altro dei volontari di Lambda Terza Età) che sia stata una scelta consapevole, lontana dalla disperazione a cui associamo i suicidi. Bisogna accettare le scelte altrui, per quanto estreme possano essere, e rifuggire dal sentimentale attaccamento che ci porta a colpevolizzarci inutilmente. Si, preferisco pensare che abbia scelto consapevolmente di togliersi la vita, come spesso nel passato si era allontanato da tutto e tutti. E se fosse qui vorrei dirgli che la sua vita non è stata inutile. Che ha avuto un senso importante: è stato il mio Virgilio, la persona che con i suoi modi gentili mi ha traghettato in quello splendido e incasinatissimo posto che furono il Fuori! e il PR del 1976. Per me, e per tanti altri ed altre, sei stato prezioso. Ciao Filippo, che la terra ti sia davvero lieve. Enzo Cucco 1 luglio 2017 http://gayindependent.blogspot.it/