martedì 7 agosto 2007

Sgarbi vs Veltroni

Il posto dell’omosessualità nel discorso pubblico in Italia

Il caso ha voluto che negli stessi giorni in cui Sgarbi avviava la tragicomica vicenda della Mostra milanese su arte e omosessualità, Veltroni dedicava una piazza di Roma a Paolo Seganti, gay ucciso da uno sconosciuto in un giardinetto della capitale.
La seconda notizia è apparsa sulle cronache romane e su qualche sito, mentre la prima ci ha tenuto compagnia (si fa per dire….) per molti giorni e su molte testate quotidiane e televisive. La differenza di visibilità è nota: in generale “valgono” molto di più le notizie negative di quelle positive, e non c’è molto di cui stupirsi visto che è così da sempre e per tutto. Ma credo che valga la pena di soffermarsi un poco sul significato delle due iniziative - anzi le definirei “azioni sceniche” - e su quanto esse semplifichino meglio di tanti saggi la differenza di approccio all’omosessualità tra destra e sinistra in Italia oggi. Di una certa sinistra e di una certa destra, ma questa è un’altra storia…

La mostra milanese è stato il tentativo di Sgarbi di riconciliare la destra con la contemporaneità della realtà gay, ovvero quello che il mainstreaming comunicativo in cui siamo immersi ritiene essere la contemporaneità. Nel mondo occidentale di oggi la connessione tra arte, omosessualità e moda è uno dei più potenti luoghi comuni – nel senso etimologico del termine – che traspare, indiscusso, dalle riviste di settore come dalle iniziative culturali. Come poteva l’Assessore alla cultura della capitale della moda e del design italiano non tener conto di questa realtà? Per una città che si confronta tutti i giorni con Londra, Parigi, Berlino e Madrid il divario tra la presenza pubblica degli omosessuali in quelle città e Milano è quasi drammatico. Ed è da questo angolo visuale che si può comprendere il tentativo dell’Assessore meneghino di organizzare la Mostra “Vade Retro” o come diavolo l’hanno infine intitolata. Certo possiamo discutere se fosse quello il metodo migliore per compiere questo tentativo (io personalmente ho dei fieri dubbi….), così come mi sembra che la carica provocatoria dell’iniziativa, pur negata, sia stata ampiamente esibita fin dall’anteprima della mostra stessa, con tutto quello sfarfallio di drag queen e giovanotti seminudi. Ma questo non toglie che, a modo suo, Sgarbi ha colto un aspetto della realtà molto evidente a chi si occupa di cultura e comunicazione: per la destra italiana gli omosessuali non esistono, semplicemente, ed ogni volta che appaiono nel dibattito pubblico devono essere ricondotti ai tre o quattro stereotipi noti. Perché se esistessero, ovvero se li si potesse osservare senza le lenti deformanti del pregiudizio etico delle gerarchie religiose (ahimè non solo di quella cattolica) ci si accorgerebbe che sono persone normali, a cui sono negati alcuni diritti in nome di un visione etica dello stato.

Veltroni ha compiuto una “azione scenica” di segno diverso: il significato del gesto è di notevole rilievo sociale. Scegliere di intitolare ad una persona omosessuale uccisa da ignoti la piazza del parco dove egli è stato ucciso significa schierare le istituzioni, e se stessi, in modo netto contro la violenza omofoba. Veltroni non si è nascosto dietro al dito del “se l’è cercata…” ed ha preso posizione, in modo netto, contro questa violenza. Ma, e qui sta il limite di questa iniziativa, nel 2007 in Italia non ci si può più accontentare della compassione. La violenza contro le persone omosessuali la si combatte anche su altri terreni, non solo quello dei gesti simbolici, per quanto grande possa essere il loro valore comunicativo. E soprattutto è necessario prendere posizione in modo netto contro chi ritiene che gli omosessuali siano cittadini di serie B e contro chi pensa che discutere di diritti nel nostro Paese significa far vincere la destra: non è forse questo che pensa, infatti, la maggioranza della classe dirigente di sinistra? Non è forse sulla base di questo timore – quindi di scontentare la gerarchia cattolica - che la sinistra italiana ha mancato le sue due occasioni per colmare i divario tra Italia e resto d’Europa in materia di diritti (non solo delle persone omosessuali) ? Ci son state ben due legislature, la presente e la XIII (9 maggio 96 – 9 marzo 2001) ma nulla di concreto è accaduto. E’ come se la sinistra facesse finta che le persone omosessuali esistano, riconoscendo loro la compassione nel momento del dolore e della persecuzione, ma nulla nel momento dell’affermazione positiva dei diritti.

Questo è il punto di congiunzione tra l’”azione scenica” di Sgarbi e quella di Veltroni: entrambe partono dalla constatazione che la questione omosessuale oggi è centrale nel discorso pubblico del Paese, e cercano di offrire risposte positive, che favoriscano la crescita del paese stesso su questo tema (lo “sdoganamento” dell’omosessualità per la destra italiana e la “lotta attiva” contro l’omofobia per le istituzioni pubbliche) ma entrambe le azioni rischiano di essere solo celebrazioni di se stesse e di chi le ha concepite e messe in scena se non sono accompagnate dall’azione concreta.
In altre parole: Sgarbi è pur sempre Assessore di una grande metropoli. Dobbiamo accontentarci della sua azione scenica o possiamo e dobbiamo chiedergli qualcosa di più? Veltroni è pur sempre uno dei principali leader del centro sinistra: basta il suo gesto compassionevole, per quanto importante sia?

Entrambi gli atteggiamenti non mi paiono all’altezza della realtà italiana. Che invece ha bisogno di decisioni nette, sulla questione omosessuale così come su molte altre questioni che ingessano la nostra società.


Enzo Cucco

domenica 17 giugno 2007

Roma Pride 2007: la matematica non è una opinione

Coerente col sottotitolo di questo blog devo dichiarare che mi sono completamente sbagliato sulle previsioni per il Roma Pride. Non è la prima volta, è accaduto anche col Torino Pride, di cui pure avevo ben altra percezione, ma essendo affetto da una perniciosa forma di pessimismo scaramantico queste cose mi capitano, qualche volta.
Ma veniamo alle cose più importanti: la Questura di Roma dichiara che hanno partecipato 300.000 persone, per il Family Day disse che i partecipanti sono stati 250.000. In un qualsiasi paese dove l'informazione fa il suo mestiere questo sarebbe stato il titolo principale dei quotidiani oggi.
Il Family Day ha avuto l'appoggio, esplicito e poderoso, dell'intera chiesa cattolica, oltre che di tutto lo schieramento di centro destra, ed ha goduto di un'attenzione mediatica che definire totale ancora poco. Eppure il movimento lgbt è riuscito a riempire la piazza come il Family Day o forse più. Certo ora diranno che non bisogna giocar coi numeri, che il valore delle iniziative politiche non sta (solo) nel numero di chi si coinvolge.... tuto vero. ma mi spiegate perché i media nazionali hanno riportato il dato di 1 milione di persone in piazza san giovanni senza battere ciglio e per il pride riportano il dato solo come "dichiarazione degli organizzatori"?
E dove sono tutti coloro che dicevano che il Family Day rappresentava la maggioranza degli italiani?
La matematica non è un'opinione. In questo caso per noi è una straordinaria soddisfazione, ed anche, come sempre, una grande responsabilità.
Dopo il Family Day si annunciano sfraceli nei due opposti poli per la nascita del movimento di Pezzotta, che peraltro secondo me darà fastidio soprattutto al PD. Accadrà altrettanto per noi? saremo all'altezza della situazione?
Insomma, c'è molto da lavorare, e la possibilità di cotruire un forte movimento nazionale (magari su base federativa, con due o tre obiettivi comuni) esplicitamente sganciato dai partiti, forse oggi è una possibilità concreta. Forse ....

Enzo Cucco

venerdì 11 maggio 2007

LA FESTA DEL MULINO BIANCO

E’ la mezzanotte del 10 maggio. Tra 48 ore sarà tutto finito ed avremo le immagini di una piazza san giovanni a Roma invasa da un milione di persone su cui riflettere. Per chi come me non ha mai avuto alcuna vera speranza di cambiamento in questa legislatura (una maggioranza appesa al filo mastella-rutelli che cosa mai avrebbe potuto produrre di diverso?… ) non cambierà molto. Se non l’aumento del disgusto quotidiano della lettura dei giornali che nei giorni successivi (per quante settimane?….) insisterà sull’”evento epocale”.

Certo, tutti noi gioiremmo se in quella piazza ci sarà anche solo una persona in meno del milione che tutti si aspettano (non credete alle sornione dichiarazioni dei portavoce del Clerical Day che parlano di 100/200 mila persone attese …) e ci sollazzeremo davanti alle incursioni di Iene e tg3 vari che non mancheranno di sottolineare i lati impresentabili, magari anche omofobi, che in quella piazza certo si troveranno.

Ma la verità sta da un’altra parte. Sta in una realtà italiana che sarà segnata per anni da una minoranza clericale che sta conoscendo, come in tutto il resto del mondo, una rinascenza potente. Si tratta di una minoranza sulla cui effettiva pervasività sociale sul lungo periodo non scommetterei, visto che le radici laiche del nostro vivere sono profonde, più di quanto la nostra classe dirigente voglia ammettere. Ma oggi siamo di fronte alla realtà di una minoranza clericale che ha scelto di usare l’arma del catastrofismo antropologico fondato sulla legittimazione del comportamento omosessuale. Usando retoricamente il tema della famiglia come aggregante, come si fa quando si parla di pace, giustizia, uguaglianza, senza mai specificare con quali costi e per chi.
Il nuovo marketing vaticano ha scelto il tempo e il tema giusto, proprio come fa un vecchio liquore o una vecchia merendina che nessuno si fila più. Grande strategia comunicativa, molti investimenti pubblicitari, straordinaria sapienza nel vestire i panni della minoranza censurata e discriminata (pensate un po’, hanno anche la faccia tosta di usare questo argomento …). Una festa del Mulino Bianco, insomma….

Fate attenzione, però, perché se facessimo l’errore di interpretare quanto accade solo usando questo punto di osservazione non capiremmo nulla di quanto sta accadendo realmente. Esattamente come quelli che credono che il successo di un prodotto commerciale stia “unicamente” nella martellante pubblicità televisiva. C’è dell’altro, e se non ci facciamo queste domande siamo condannati diventare, questa volta veramente, il paese da cui parte la riconquista cattolica nel mondo.

Che cosa può fare, quali armi usare chi si ostina a credere, come noi, nella forza della ragione e del dialogo? Non so, vedremo cosa accadrà, quali saranno le conseguenze di medio e lungo termine di questa prova di forza nel fronte cattolico. Quale sarà la qualità (non ho particolare aspettative sulla quantità) della partecipazione a Piazza Navona, e bisogna ringraziare la testa dura dei radicali se ci sarà qualcuno che tenterà almeno di rosicchiare un po’ della sovraesposizione mediatica del Clerical Day.

Una pausa non farebbe male al movimento omosessuale. Magari per riflettere su quanto e come abbiamo contribuito alla “riuscita” della manifestazione del 12 maggio in piazza san giovanni a Roma.


Enzo Cucco
10 maggio 2007

martedì 27 marzo 2007

DE PROFUNDIS SUI DICO

Ieri su La Stampa Lucia Annunziata recita il de Profundis sui DICO: il pezzo si intitola “Perché andrò al Family Day” e racconta le ragioni per cui è giusto, per la sinistra italiana, massimamente per quella che è erede della tradizione togliattiana, partecipare alla manifestazione citata.
In realtà anche prima del De profundis non c’era tanto da stare allegri, perché tutti i segnali andavano nella direzione opposta a quella di trovare in Parlamento una proposta di accordo tra le forze politiche su questa riforma: già si era capito che i partiti della sinistra estrema non avrebbero esercitato (e non lo eserciteranno) il loro diritto di veto sui DICO come è stato fatto sulla politica estera e sulla finanziaria, e ben sappiamo quanto la quota libertaria e riformista in questo parlamento sia minoritaria e timida. Oggi Annunziata ha avuto il pregio di spiegare come mai i DS, maggior partito di questa maggioranza, non possono permettersi di andare in rotta di collisione con la gerarchia cattolica.
La giornalista richiama nell’articolo tutta la tradizione, ed anche la retorica, comunista sulla famiglia, utilizzando argomenti che, dal mio punto di vista, si limitano a due cose realmente significative: una di contesto e una di prospettiva politica. Quella di contesto sta in questa frase: “la foga della battaglia con la Chiesa ha spostato i Dico su toni di estremismo omosessuale” e quella di prospettiva sta nelle ultime parole dell’articolo: “ … la legge sui Dico è diventata infatti infinitamente più rilevante di quello che è nella realtà del Paese per il suo significato simbolico. Ma ai fini del bene pubblico, non è forse più rilevante la possibilità di costruire intorno a un principio una identità condivisa, magari costruita nel tempo, ma decisamente più ampia? Recenti sondaggi sul calo di popolarità del governo sostengono che i Dico vi giocano un grande ruolo: non è questo forse un monito? “
Intendiamoci, credo che l’Annunziata non sbagli di molto nella sua analisi: in fondo dice solo che l’Italia non è ancora pronta per questo passaggio, e che forse è meglio rinviare e “far crescere la società” [il virgolettato è mio] su questi temi. Peccato che non ci si soffermi sulle cause di questa drammatizzazione, sul perché la Chiesa ha fatto del no alle unioni civili l’ultima spiaggia della battaglia per la salvaguardia della società cristiana su questa terra.
Quello che infastidisce è questo resuscitare la retorica comunista sulla famiglia, quando in realtà si voleva solo ripetere che “Parigi val bene una messa”. Questo insinuare che, in fondo, si tratta di “estremismo omosessuale” quando siamo di fronte alla richiesta di approvare una legge che definire riforma è quasi un azzardo.
Insomma, l’articolo di Annunziata da voce alla pancia di una parte della sinistra italiana che, in fondo, senza averne il coraggio, è stufa di sta storia dei DICO, non ne può più, non vede alcun motivo per tirare la corda ulteriormente e preferisce arrendersi all’evidenza della propria debolezza senza nemmeno avere il coraggio di andare fino in fondo.
Certo, i DICO, forse, avranno fatto perdere qualche decimo di punto di appeal a questo governo, ma sfido chiunque a dimostrare che la partecipazione dei DS e della Margherita alla manifestazione di Piazza San Giovanni riuscirà a recuperare questo gap.

Rimane il problema della posizione del movimento gay e lesbico italiano su questa vicenda. In particolare credo che non sia facile il compito del prossimo Congresso dell’ArciGay, messo come è tra l’incudine di una sinistra per cui la questione omosessuale sta diventando fastidiosa, e il martello di una gerarchia clericale che, giocando la carta del vittimismo, è riuscita ad imporre il suo punto di vista alla maggioranza di questo parlamento e, forse, se gli lasceremo altro spazio, anche alla maggioranza del paese.

Enzo Cucco
27 marzo 2007
http://gayindependent.blogspot.com/

lunedì 19 marzo 2007

GLI ITALIANI SON MEGLIO DELLA LORO CHIESA CATTOLICA?

MA E’ PROPRIO VERO CHE GLI ITALIANI SON MEGLIO DELLA LORO CLASSE POLITICA E DELLA GERARCHIA CATTOLICA?

L’indagine Demos Eurisko, riportata su Repubblica di oggi e commentata da Ilvo Diamanti, avrà certamente fatto stappare lo champagne in casa Ruini: dal 2003 ad oggi è cresciuta mediamente del 10% la percentuale di italiani che si è avvicinata maggiormente alle posizioni della gerarchia sulla supremazia della religione cattolica, sul riconoscimento delle unioni civili, sul rapporto tra religione e stato, sulla accettabilità dei rapporti omosessuali e sul giudizio sul dizorzio.
Chi osserva da vicino la chiesa cattolica e la sua comunicazione (almeno quella espressa dalla CEI) sa benissimo che tutto questo non è frutto del caso, ma è inserito in una forte strategia pluriennale che trova il suo avvio nella III Assemblea ecclesiale di Palermo (novembre 1995) e nella concretizzazione del “Progetto culturale orientato in senso cristiano” avviato nel 1997 dal Segretariato della CEI. Il "Progetto culturale" è il principale strumento di intervento nella società che la mente di Ruini ha partorito sulla scia della straordinaria rivoluzione comunicativa effettuata dal pontificato di Giovanni Paolo II. La chiesa ha capito che per contrastare la propria posizione marginale nel mainstream sociale e culturale dell’occidente si devono usare gli strumenti della comunicazione contemporanea in modo massiccio ed in tutte le loro potenzialità. Così è stato, ed ecco che arrivano i primi risultati.
Ci siamo consolati fino ad oggi con l’affermazione che gli italiani sono più progressisti della loro classe politica e cattolica su temi eticamente sensibili, e che la chiesa ha scatenato una battaglia senza quartiere proprio perché si sente minoranza, in Italia e nel mondo, incapace di influenzare elite e masse popolari su tutti i grandi temi sociali. Ci dimentichiamo, però, che le minoranze hanno una forza ed una vitalità che le maggioranze non hanno più, e che nella società della comunicazione globale non è affatto vero che non possono avvenire, in tempi anche veloci, cambiamenti sociali di un certo rilievo, in un senso o nell'altro.
Se poi paragoniamo gli sforzi di chi tenta una campagna a favore, per esempio, del riconoscimento delle unioni difatto alla forza, alla determinazione, alla lucidità ed alla spregiudicatezza (pensate per esempio alla vicenda del referendum sulla legge per la fecondazione assistita ed alla posizione della CEI) di chi riafferma i principi della morale tradizionale, vien quasi da ridere pensando alla assoluta disparità di mezzi in campo.
Se non è bastata la televisione generalista (si pensi solo all’influenza che le fiction televisive hanno avuto per rendere accettabile il comportamento omosessuale agli occhi della platea nazional popolare italiana) a cambiare per sempre il trend della nostra società c’è poco da stare allegri. Non è giunto il momento, quindi, di rivedere alla radice il nostro modo di programmare la campagna a favore della riforma del diritto di famiglia (di questo si parla se si chiede il riconoscimento delle unioni di fatto, anche se non lo si può dire…)? Voi pensate che il fronte di chi vuole i Dico sia all’altezza della sfida che è stata lanciata? Sia dal punto di vista dell’investimento su questo tema, che della consapevolezza delle ragioni delle proprie posizioni? Io dico che, ancora una volta, dobbiamo imparare molto da come la chiesa, pur con tutte le sue contraddizioni e forse senza speranza di vittoria, sta combattendo per affermare ciò in cui crede. A fronte di tanto impegno e di tanta autentica “fede”, io vedo solo un crescente imbarazzo nel difendere il riconoscimento delle unioni di fatto e la leggitimità, la naturalità del comportamento omosessuale. Spero di sbagliarmi.

Enzo Cucco
18 marzo 2007

venerdì 16 marzo 2007

DICO PARADOSSI

Spero che la manifestazione del 10 marzo scorso a Roma, ed il modo in cui la carta stampata l’ha rappresentata il giorno dopo, abbia definitivamente aperto gli occhi di tutti coloro che credono nella necessità di riconoscere diritti alle unioni di fatto. Intendiamoci, io ritengo che la manifestazione fosse necessaria e che abbia raggiunto almeno tre dei suoi obiettivi:
  1. sostenere quanti nel Governo e in Parlamento credono sinceramente nella necessità di questa riforma, e di questo c’era bisogno;
  2. ricreare unità di intenti tra le anime del movimento, cosa che ha dello straordinario, vista l’assoluta insufficienza della proposta di governo e la cronica, permanente litigiosità;
  3. riproporre al grande pubblico le ragioni della necessità di garantire pari opportunità per le coppie non sposate.

Ma in piazza abbiamo avuto i soliti noti, e la stampa del giorno dopo, chi più chi meno, ha dato ampio spazio ad una trasgressione che non c’era, rendendo eroi per un giorno Mastella e la gerarchia cattolica nell’inedito ruolo di vittime.

In altre parole: con la manifestazione non abbiamo fatto nessun reale passo in avanti, anzi abbiamo misurato una volta di più il limite della nostra azione che, per molte ragioni, non è riuscita ad andare oltre alla cerchia delle forze politiche su cui già sapevamo di poter contare.

Questo risultato non è ascrivibile alla volontà degli organizzatori della manifestazione: è stato giusto farla, e la si poteva fare solo così, ma dobbiamo guardare in faccia una realtà che certifica, senza ombra di ulteriore smentita, le scarsissime possibilità che il Parlamento approvi anche quel poco di diritti che la proposta di governo prevede. Possibilità che ulteriormente diminuiranno dopo la prossima manifestazione clerical-cattolica in favore della famiglia tradizionale, dove certo non mancheranno decine di migliaia di persone e politici di tutti gli schieramenti.

Che fare? Io son tra quelli che pensa che far politica significa costruire il possibile, non sognare l’impossibile, ed è questo il motivo per cui, pur essendo tra i sottoscrittori del manifesto per l’uguaglianza dei diritti ( www.matrimoniodirittogay.it ) e turandomi non poco il naso, penso che i DICO son il meglio che la realtà italiana consente oggi. Non sono tra quelli che pensano che si debba rifiutare anche solo questa possibilità, ne tra quelli (e francamente non ne vedo molti) che sperano nel prossimo Parlamento …

Il paradosso che non abbiamo voluto affrontare, già all’indomani del voto elettorale, è che in questa legislatura i nostri principali interlocutori avrebbero dovuto essere le forze del centro destra, o perlomeno coloro che in quello schieramento hanno manifestato posizioni più aperte sul riconoscimento die diritti delle unioni di fatto. Non era forse questa l’unica alternativa all’enorme potere di veto che un pugno di senatori del centro sinistra ligi al dettato della gerarchia cattolica possiede? Non era forse questa l’alternativa alla strategia (vincente, quanto vincente…!) della Margherita, che ha giocato come il gatto col topo, riducendo mese dopo mese valore e importanza della proposta di governo?

Il guaio è che i margini per lavorare nella direzione di coinvolgere parti del centro destra sono ormai risicati. I flebili appelli alla libertà di coscienza ed al dialogo che con timidezza alcuni esponenti del centro sinistra lanciano verso il centro destra rischiano di essere non la manifestazione di una strategia seria e trasparente ma solo il primo passo di una azione di sganciamento degli stessi partiti dalla proposta dei DICO. Un modo per tentare di scaricare la responsabilità del fallimento sul Parlamento e sulle forze politiche che lo compongono.

Il paradosso che ci troviamo di fronte oggi, invece, è che non abbiamo altri interlocutori che gli stessi che ci hanno seguito fino qui: è a loro che dobbiamo chiedere di operare seriamente in parlamento per creare il consenso necessario per approvare questa riforma. Ed operare seriamente significa crederci, mettersi in gioco, andare oltre ai limiti di maggioranza, fare veramente una azione di lobby parlamentare seria, trasversale, pronta al dialogo, e quindi alla mediazione. Recuperare l’errore fatto di aver voluto forzare la mano del Parlamento (dove già si sapeva che maggioranza non c’era) con una proposta governativa e ricominciare, praticamente da zero, con un accordo tra i partiti che siedono in parlamento.

So bene che questa è la strada più difficile: non vedo all’orizzonte nessuna “Vicenza” per le unioni civili, nessuna reale forzatura nella direzione di approvare i DICO che venga da quelle forze che fino ad oggi (RC, PDCI, VERDI) hanno ottenuto di più da questo governo.

L’unica cosa che non ci serve, oggi, sono i massimalisti, di destra e di sinistra, che pure allignano copiosi tra gli italici gay (forse un po’ meno tra le lesbiche e i trans). Quelli che invece di guardare la realtà italiana per quello che guardando la luna e non il dito, si rifugiano nelle solite polemiche contro fantomatiche egemonie e antidemocraticità dell’Arcigay, o se la ridono perche’ il governo delle sinistre non porta a casa nessun risultato concreto sul terreno dei diritti e della laicità.
C’è poco da ridere, molto poco.

Enzo Cucco
16/3/2007
http://gayindependent.blogspot.com/

lunedì 26 febbraio 2007

Manifesto per l'uguaglianza dei diritti

MANIFESTO
PER L'EGUAGLIANZA
DEI DIRITTI

Appello

Al Presidente della Repubblica, ai Membri del Governo, del Parlamento italiano ed europeo, ai Rappresentanti delle Istituzioni locali, alle Associazioni per la difesa e la promozione dei diritti civili e umani, alle Parti Sociali, ai media, alle cittadine e ai cittadini italiani ed europei

· Noi sottoscritti, consapevoli dell'importanza che i valori e i principi fondamentali di uguaglianza e pari dignità sociale sanciti dalla nostra Costituzione hanno per il libero e pieno sviluppo della persona, riteniamo che il provvedimento del Governo in materia di Unioni Civili non esprima una posizione laica e di respiro europeo e soprattutto non sia compatibile con il nostro dettato costituzionale.
· I diritti di cui è questione sono evocati e rivendicati come palliativi di situazioni limite, in altre parole come meri rimedi giuridici nell’emergenza o come strumenti di pura gestione patrimoniale (assistenza ai detenuti, ai malati e ai morenti; subentro in affitto di case, eredità), rimedi peraltro in parte già esistenti nel nostro ordinamento: al contrario, il diritto a realizzare un Progetto di Vita comune, matrimoniale o familiare, è elemento fondante ed essenziale per il pieno sviluppo della persona e, in quanto tale, é garantito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana.
· Il provvedimento governativo prevede invece il riconoscimento di alcuni limitati diritti alle persone che abbiano deciso di costituire un'unione di fatto, ma non esaurisce la discriminazione in atto nel nostro Paese in ragione del sesso e dell’orientamento sessuale dei componenti la coppia, restando in ogni caso precluso l’accesso all’istituto del matrimonio civile per la coppia omosessuale e disponendo di conseguenza una sostanziale e inammissibile diversità di accesso al diritto legata alla condizione della persona, cosa che costituisce un vulnus inammissibile verso i Principi Fondamentali della nostra Costituzione.
· Noi invece siamo profondamente convinti che a tutti i cittadini e a tutte le cittadine deve essere garantita parità e uguaglianza e pertanto anche il diritto di registrare a tutti gli effetti le loro unioni, indipendentemente dal loro sesso e dal loro orientamento sessuale.
· Occorre affermare che il matrimonio civile è un istituto giuridico non sostituibile, né vicariabile da altri, e che solo con l’accesso anche delle coppie dello stesso sesso a tale istituto è rispettato e pienamente applicato il principio fondamentale di eguaglianza e pari dignità sociale di tutti i cittadini sancito dalla nostra Costituzione.
· Il riconoscimento della coppia di fatto, il diritto al matrimonio civile indipendentemente dal sesso dei coniugi e senza alcuna compressione dei diritti di genitorialità e adozione, può e deve essere garantito da una legislazione analoga a quelle della Spagna, del Belgio, dei Paesi Bassi e del Canada. La disciplina normativa dovrà riferirsi ai componenti del nucleo familiare con il termine «coniugi», assicurare parità di trattamento a tutte le coppie indipendentemente dal sesso dei coniugi e riformare le leggi laddove esistono esplicite forme discriminatorie (ad esempio la legge 40/2004 sulla fecondazione assistita), così come previsto dalla Proposta di Legge n. 1244 (XV Legislatura: primo firmatario Daniele Capezzone).
· Facciamo appello per una affermazione comune di libertà a tutti coloro che condividono aspirazioni inclusive, laiche, fondate sulla parità dei diritti, proprie dell'Europa che vogliamo e che già esiste, di un'Europa in cui il diritto costituisce l'orizzonte di civiltà dei singoli, delle comunità e delle Istituzioni che li rappresentano, contro il pregiudizio, l'esclusione e contro la discriminazione, che l'art. II 81 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea vieta in qualsiasi forma, compresa quella fondata sull'orientamento sessuale.


Per aderire

www.matrimoniodirittogay.it

info@matrimoniodirittogay.it

venerdì 9 febbraio 2007

Lettera a Berlusconi

Egregio Cavaliere, e così sembra che anche lei, che di politica ha dimostrato di intendersene mica male, si sia accorto di una verità semplice semplice, e cioè che a furia di prendere a pedate e male parole qualche milione (almeno)
di elettori oomosessuali, si corre il rischio di perderne poi il voto. Era forse convinto del contrario ? Sentire un Calderoli definire gli omosessuali “culattoni”, crede sia una carta vincente per ottenerne il voto per la Casa della libertà ? Fa bene a preoccuparsi, ma farebbe ancora meglio a riflettere sulla politica della sua coalizione per quanto riguarda i diritti civili. Non voglio insegnarle nulla, per carità, la invito soltanto ad andarsi a leggere il programma politico di Giuliani, l’amatissimo sindaco di New York durante l’ 11 settembre, e prossimo candidato alla presidenza degli Stati uniti per il partito repubblicano. Ci troverà l’esatto opposto della sua politica per quanto riguarda i diritti civili. In America gli omosessuali sceglieranno per chi votare in base ai programmi di politica economica, politica estera, non essendoci grosse differenze per quanto concerne la sfera del privato. Bush ha fatto gli auguri al suo vice Cheney quando ha saputo che sua figlia, da molti anni in coppia con un’altra donna, aspetta un bambino, ottenuto con l’inseminazione artificiale. Mi ha capito bene, caro Cavaliere, la figlia del vice presidente degli Stati uniti è lesbica, non nubile, non single, non culattona, come forse la chiamerebbe Calderoli, ma una lesbica, riconosciuta, rispettata, che vive in un società che ha capito i valori della modernità. Cosa che non si può del nostro paese, nel quale, non ci fossero stati i radicali ad imporre aborto e divorzio, saremmo ancora qui a sentire destra,centro e sinistra, a discutere di aria fritta, esattamente cone sta avvenendo oggi sul mancato riconoscimento agli omosessuali dei loro diritti. E lei, che ha rappresentato tante speranze con il suo arivo in politica, si sta comportando come il classico democristiano di sempre. Certo, è in buona compagnia. Da questo governo infatti verrà fuori una bruttissma legge, che scontenterà tutti, omosessuali e non. Vincerà l’ossequio a quella parte della Chiesa che non perde occasione di dimostrare tutte la sua crudeltà verso esseri umani che hanno il solo torto di voler vedere riconosciuta una unione, che non solo non mette in discussione la famiglia tradizionale, ma che invece la rispetta e la riconosce. Se ne aggiungerebbe un’altra, valida sul piano civile, e quindi attenta a non entrare nel modo più assoluto nel campo religioso. Lei dice no a tutto questo, mentre
la sinistra, ingannando gli omosessuali, tirerà fuori un pateracchio ancora peggiore. Vincerà l’ipocrisia del trio Bindi-Binetti-Rutelli, mentre lei, caro Cavaliere, si troverà a braccetto con chi non si è ancora accorto che siamo nel ventunesimo secolo. Di voti ne perderà, questo è certo, gli omosessuali sono persone dotate di un normale cervello come tutti, e che, quando è ora di votare, lo useranno, ricordandosi che vivono in un paese che, a differenza di altri, molto più liberi e democratici del nostro, non è stato capace di legiferare a tutela dei loro interessi. Ci sarà chi non voterà più Cdl, come ci saranno quelli che, in base al altre considerazioni, la voteranno turandosi il naso. Ma quaesto capiterà anche a sinistra, dove non basta far eleggere qualche culattone (come direbbe Calderoli) per far digerire rospi indigeribili come l’essere contro l’Occidente, l’America, Israele, e riproporre la ricetta comunista come credibile. Gli specchietti per le allodole non funzionano più. Sono convinto che crescerà di molto l’astensione, in antrambi gli schieramenti. Ripensi a quando respinse i radicali per le proteste dei suoi cari Dc. Se quel risultato non l’ha soddisfatto, si prepari a una sua replica. Si tenga la Mussolini e i suoi fedeli (!) Dc, e continui a tirarci pedate. Contento lei....
Angelo Pezzana

pubblicato su Libero il 7 febbraio 2007

Cantalamessa e gli omosessuali

Padre Raniero Cantalamessa è uno dei frati cappuccini più famosid'Italia. Commenta il Vangelo su RAI 1 ogni sabato pomeriggio alle17,30, e sabato 30 dicembre scorso (tema: la famiglia) ha ospitatonella sua trasmissione un ex omosessuale e la sua nuova famigliaeterosessuale.Nessun impatto veramente significativo in verità: basti confrontarel'audience di trasmissioni come questa con quella di programmi moltopiù popolari dove l'omosessualià è stata trattata di recente (Banfiin prima serata su RAI 1, per esempio). Il caso, però, è degno di notasoprattutto perché credo che si tratti del primo esempio diomosessuale convertito all'eterosessualità trasmesso dalla televisionepubblica italiana. E soprattutto perchè il "taglio" comunicativoscelto è un vero e proprio format (scusate il tecnicismo) moltodiffuso in quella parte di chiesa cattolica cosiddetta dialogante, oche perlomeno vuole apparire tale.Padre Cantalamessa ha introdotto il tema della famiglia, ed i pericoliche essa affronta nel mondo moderno. Si è soffermato molto brevementesulle unioni tra persone dello stesso sesso (e credo di ricordare chenon ci fosse alcuna condanna particolarmente dura delle stesse),mentre molto più a lungo ha stigmatizzato la possibilità di adozionida parte di coppie omosessuali. E su questo tema ha presentatol'intervista. Non ricordo il nome della persona intervistata, un uomodi circa 30 anni, visibilmente emozionato ma molto chiaro nella suaesposizione, che ha raccontato di essere stato omosessuale, di aversofferto moltissimo per questo, e di aver ritrovato una vita vera (nonricordo se ha usato questo termine ma il senso era questo) grazie allapreghiera ed all'aiuto di un gruppo di amici. Poi la scena cambia edappare sua moglie e il loro bambino. Altre parole sulla bellezza dellaloro relazione e sul dono ricevuto. Lacrime di entrambi.Sia Cantalamessa che l'intervistato hanno sottolineato che il caso nonera generalizzabile, che si trattava di una storia singola. Ma ilfrate ha poi concluso dicendo che si trattata di una testimonianzasignificativa su come sia possibile cambiare.Ripeto, le parole usate potrebbero essere altre (cercherò direcuperarle …) ma il tono generale, il montaggio dell'intervista,l'atteggiamento tutto sommato accogliente del cappuccino nei confrontidelle persone omosessuali, l'ampio uso di emozioni (commozione,speranza, vittoria sul dolore, futuro…) costruiscono un cocktailcomunicativamente molto efficace e sicuramente confezionato per igrandi pubblici televisivi, non certo per la nicchia di ascoltatoridel programma del sabato pomeriggio (tra cui c'era il sottoscritto checucinava…).Che dire? Certo con un paio di battute possiamo archiviare il casocontinuando con le nostre contumelie contro la chiesa matrigna eviolenta, o contro l'uso strumentale e manipolatorio di singoli casi(che nessuno mette in dubbio, sia ben chiaro, anche perché benconosciamo le migliaia e migliaia di "conversioni" nell'altro sensoche ogni giorno avvengono in tutto il mondo…).Ma la sostanza è un'altra: la gerachia cattolica "dialogante" (padreCantalamessa è senza dubbio la voce più conosciuta di questagerarchia) indicando una "via d'uscita gentile" dall'omosessualità
,una via favorita dalla "preghiera e con l'aiuto di un gruppo diamici", continua a ritenere il comportamento omosessuale innaturale einaccettabile, in linea con alcune retroguardie della scienzacontemporanea. Infatti nel caso dell'omosessualità, ma anche inaltri, la Chiesa ha sempre goduto di una sponda scientifica, ancorchèminoritaria, per sostenere le proprie tesi di tipo morale: il caso delpreservativo nelle campagne di prevenzione dell'Aids è uno degliesempi più eclatanti..In altre parole il comportamento omosessuale è una patologia, a voltecurabile a volte no, per la quale è necessaria comprensione,accoglienza, ma nessun riconoscimento di particolari diritti che nepossano legittimare l'esistenza ed il valore, sia individuale chesociale. La stessa visibilità è sommamente perniciosa, perché ognitipo di visibilità porta con se, nel breve o nel lungo periodo,conoscenza, quindi superamento dei pregiudizi ed accettazioneautentica della diversità.Tutto questo è noto, ed è comune a molte chiese protestanti diffusenel mondo occidentale, mancava l'elemento nuovo, di tipo comunicativo,che la trasmissione condotta da Cantalamessa rappresenta. Non so sesarà uan strategia vincente (la Chiesa è maestra anche in strategiecomunicative, non bisogna dimenticarlo), certamente è una novità, chebisogna segnalare e seguire da vicino, magari anche per cambiare ilmodo di comunicare che il movimento italiano ha avuto in questi ultimianni.Come ho detto la sostanza del messaggio di Cantalamessa non è unanovità: il 15 aprile del 1971 su La Stampa apparve un articolo firmatodal neurologo Romero che fu la miccia che diede fuoco al Fuori!Nell'articolo si citava il libro uscito da Feltrinelli di GiacomoDacquino, "Diario di un omosessuale", in cui si narra proprio di unomosessuale che diventa eterosessuale. L'autore del libro, ancoravivo, è un noto psichiatra e terapeuta, che ha pubblicato numersissimitesti anche di grande successo, esercita a Torino ed ha insegnatoall'Università di Pavia e alla Pontificia Università Salesiana: maguarda le coincidenze!
Enzo Cucco

Pride's Mirabilia

Elenco delle cose notevoli che il Torino Pride 2006 ha reso possibili
(chi fa l’elenco delle cose orribili?…)

· La più grande partecipazione di massa a un Pride italiano (fatta eccezione per il World Pride del 2000): almeno 100.000 persone alla manifestazione del 17 giugno (ma il numero esatto è sicuramente più alto, e si colloca ragionevolmente tra 130 e 150mila);

· la più grande manifestazione di piazza che si sia vista a Torino da almeno 10 anni (fatta eccezione per i festeggiamenti in occasione dei Giochi Olimpici Invernali);

· il più alto numero di adesioni ufficiali da parte di associazioni e gruppi (oltre 200 quelle da noi registrate) e il più alto numero di carri musicali partecipanti (32);

· Il primo Pride che è durato veramente tutto l’anno;

· Tutte le organizzazioni glbt piemontesi sono riuscite a collaborare contenendo conflitti e competizione, dando la giusta visibilità a tutte le componenti lgtq (c’è carenza di b visibili…);

· Per la prima volta in Italia il Pride ha ottenuto sia patrocinio che contributo economico da Regione, Provincia e Comune;

· Per la prima volta in Italia il Sindaco, il Presidente della Provincia e la Presidente della Regione hanno sottoscritto (con tanto di foto sul depliant) un messaggio di benvenuto ai partecipati al Pride;

· Per la prima volta in Italia le principali istituzioni culturali cittadine hanno sostenuto il Pride inserendo nei loro cartelloni iniziative o sostenendo quelle proposte dal Torino Pride 2006 (Teatro Stabile, Teatro Regio, Fiera del Libro, Settembre Musica, Museo del Cinema);

· Per la prima volta in Italia un Pride ha coinvolto un numero così alto di organizzazioni non lgbt, anche dentro il Direttivo del Comitato organizzatore;

· Per la prima volta in Italia hanno aderito al Pride il Presidente della Camera dei Deputati e tre Ministri della Repubblica, due dei quali hanno partecipato alla manifestazione (insieme a molti deputati, senatori, assessori regionali, provinciali e comunali, consiglieri…);

· Per la prima volta in Italia una manifestazione del Pride viene aperta da tutte le organizzazioni transgender italiane;

· Per la prima volta in Italia tutte le organizzazioni lesbiche hanno sfilato insieme dietro un unico carro musicale;

· Per la prima volta nella sua storia la Mole Antonelliana è stata illuminata di rosa, in onore del Torino Pride 2006;

· Per la prima volta a Torino (e forse in Italia) il Pride è stato promosso dagli uffici comunali sui display stradali e sui materiali di comunicazione ufficiali della Città come uno dei grandi eventi cittadini;

· Per la prima volta in Italia un ufficio di promozione turistica (quello della Città di Torino) ha invitato e ospitato giornalisti stranieri in occasione del Pride;

· Per la prima volta in Italia un quotidiano nazionale ha utilizzato la parola “trionfo” per descrivere il Pride (la Stampa, 18 giugno 2006, 1° pagina, taglio alto a destra)

· Altro da aggiungere? ……..