sabato 16 novembre 2013

NUOVE PICCOLE BUONE NOTIZIE

La nuova piccola buona notizia che arriva da Bologna non è quella del Tribunale che da ragione al giudice di Parma per l'affidamento di una bimba a uan copia gay. Ma è la dichiarazione del vicario della Curia bolognese che pare abbia affermato che l'interesse prevalente, in questi casi, è quello dei minori a prescindere dall'orientamento sessuale di chi accoglie. Se la dichiarazione riportata da Repubblica è confermata (e mi piacerebbe leggere il comunicato o sentire la dichiarazione originale) è, a suo modo, una piccola rivoluzione. Ripeto: la sentenza ha ribadito cose già acquisite ed applicate in Italia, ovvero la normativa sull'affidamento consente a single e conviventi di ospitare bambini e bambine per un tempo determinato, e la valutazione degli ospitanti deve attenersi alla loro capacità di accoglienza e non all'orientamento sessuale. Accade così da un pò di tempo negli uffici che si occupano di affidamento, sempre che ci sia la sensibilità di non escludere a priori persone gay o lesbiche e dove le persone lgbti si offro come coppie o persone affidatarie superando le necessarie verifiche. La piccola rivoluzione, come ho detto, sta nelle parole del vicario che sono in netto contrasto con la canea delle dichiarazioni superficiali e scontate dei soliti Giovanardi et similia, ma anche col pensiero, ancora ahimè molto diffuso e motivato, che dalla chiesa non possa arrivare alcuna apertura, soprattutto sul tema della famiglia e della genitorialità delle persone omosessuali. Pare che questa volta abbia prevalso la ragione, ed i principi dell'interesse prevalente del bambino e sull'impossibilità di discriminare sulla base dell'orientamento sessuale, non sono solo affermati e messi da parte nel caso delle persone omosessuali. Questi due principi, semplicemente associati, giustificano appieno l'esito del Tribunale, la dichiarazione del vicario ed il pensiero di ogni persona di buona volontà che creda davvero in entrambi. Perchè sostenere che siamo di fronte a uno scandalo, od ad una pericolosa apertura sull'omogenitorialità, dimostra solo che o non si crede nell'interesse prevalente del minore o non si crede che le persone omosessuali siano uguali agli eterosessuali. Da qui il fondato sospetto che chi sostiene la tesi della pericolosità della decisione del Tribunale di Bologna, quindi della legge, abbia un bel pregiudizio grosso come uan casa nei confronti dell'omosessualità (ed io su questo non avrei il minimo dubbio). Ma io voglio sottolineare la piccola nuova buona notizia: culturalmente parlando che la chiesa affermi che nulla osta allo svolgimento di funzioni educative e di ospitalità per bambini in difficoltà da parte di coppie gay è oggettivamente un passo avanti. E di questo si deve essere consapevoli. Adelante, Pedro, con juicio. Enzo Cucco www.gayindependet.blogspot.com 16.11.13

domenica 21 luglio 2013

LOBBY GAY? MA FATEMI IL PIACERE ....

Concordo con quanto afferma Antonio Soggia sul pessimo servizio de L'Espresso in merito alla cosiddetta lobby gay. Ed aggiungo alcune considerazioni. In primo luogo: se fosse vera la tesi de L'Espresso che il Papa sia stato tenuto all'oscuro delle vicende "scandalose" di Ricca di certo il settimanale ha messo il fiocco a un pacco costruito da ignoti, gay o no che siano. Quel tocco di notorietà gossippara che tira da matti in edicola e aiuta, di certo, chi nelo scandalo confidava. Ma quali prove fornisce a riguardo? La seconda considerazione infatti è relativa alle prove offerte sull'esistenza di questa lobby, o meglio ancora sul legame esistente tra la sottrazione di alcuni informazioni dal dossier Ricca relative alla vita privata del prelato, agli scandali che essa ha prodotto ed all'esistenza di un gruppo di persone, il cui legame si baserebbe sulla comune omosessualità. Terza considerazione: ma l'obiettivo di questa lobby quale sarebbe stato? Tenere allo scuro il Papa per incastrarlo o per imporgli una nomina gay? La risposta non è indifferente, ai fini della ricostruzione della storia e del ruolo che i personaggi giocano su questa vicenda. Per il momento siamo certi di una cosa: entrambe le ricostruzioni si baserebbero sul nulla. Non c'è infati un nome, una connessione, una circostanza, un documento, niente che metta in relazione concreta, non fumosa, quanto si è saputo (e come lo si è saputo) su Ricca e l'influenza della lobby medesima. Quarta considerazione: la regola aurea del Vaticano, da sempre, è il silenzio assoluto su quanto accade entro le mura. Du qualunque cosa si tratti - dagli scandali sessuali a quelli economici, da quelli liturgici a quelli dottrinali - gli scontri interni, le manovre di potere e le alleanze sono coperte dal silenzio assoluto pubblico, e da una valanga di spifferi privati, mezze parole, ammiccamenti, interessate rivelazioni anonime che rientrano esse stesse nel grande gioco di potere di questa istituzione. Affermare con tanta faciloneria che gli scandali sessuali siano legati all'esistenza di una lobby gay, desumendo questa affermazione semplicemente dalla censura e dall'oblio in cui questi scandali tentano di essere annegati è senza logica. Ai miei occhi, e penso agli occhi di tutti da molti secoli ormai, non deve nemmeno essere messo in discussione il fatto che la Chiesa cattolica è rifugio per molti omosessuali e lesbiche. Per mille motivi che qui sarebbe troppo lungo da analizzare. Il vero, ultimo, scandalo di cui pochissimi parlano è la decisione Ratzingeriana di escludere dal sacerdozio le persone omosessuali tout court, e non semmai richiamarle (come tutti) al dovere della castità. Grandissimo scandalo telogico, scientifico, storico e umano, frutto di una scelta disperata e insensata di salvare l'immagine di una Chiesa incapace di mettere freno alla pedofilia. Sono errori su cui nessuno, realmente, medita, indaga, pubblica. Nemmeno la chiesa più aperta e disponibile se la sente di dire pubblicamente qualcosa su questo tema: dove sono gli Enzo Bianchi, i Luigi Ciotti e tante tante altre persone che autenticamente incarnano un cristianesimo meno retrivo e chiuso su se stesso? Abbiamo invece le paginate sulle lobby gay, gli improbabili scoop, le analisi costruite sulla fuffa. Ah, dimenticavo, la libertà di informazione. Si si, certo. Per quanto mi riguarda una bella pernacchia potrebbe esesere una buona risposta a chi scambia una operazione gossippara a finalità commerciale con il diritto ad essere informati. Il mio diritto ad essere informato, non solo il diritto dei giornalisti a dire quello che vogliono. Enzo Cucco 20 LUGLIO 2013

mercoledì 17 luglio 2013

LIBERTA' DI ESPRESSIONE E OMOFOBIA

Non è una novità che l'unico (ma proprio l'unico) argomento che il fronte italiano del NO agita contro una legge su omofobia e transfobia sia quello della difesa della libertà di espressione. Di gran moda tra i vaticanofili, sulle prime pagine dei giornali cattolici e del centro destra, sostenuto da squinternate note di giuristi e pensatori d'area, ha già ricevuto e riceverà senz'altro ulteriore luce dai fuochi d'artificio retorici che il trio dell'apocalisse Ferrara/Della Loggia/Roccella, sparearà da ogni predellino mediatico possibile. La cosa di cui non mi capacito è l'inconsistenza del fronte del SI a rispondere ad un tale, per certi versi molto insidioso, argomento. Quando in questi mesi mi è capitato di concionare sull'assenza di strategia condivisa mi riferivo proprio a questo: nessuno ha pensato di anticipare gli argomenti del fronte del NO (era facilissimo) lavorarci sopra per destrutturarli sul piano della razionalità e della fondatezza, magari mobilitare giuristi e studiosi su questo tema e lavorare con parlamentari e giornalisti perchè sappiano di quale materia incandescente e illusionistica si parla quando si accusa la legge in discussione alla Camera di ledere la libertà di espressione. Andiamo per ordine, magari facendo qualche esempio: come è noto il tentativo in atto è quello di estendere la cosiddetta Legge Mancino ai casi di omotrafsobia. C'è una logica in questo percorso: la legge Mancino è l'unico strumento paragonabile a quanto l'Europa ci chiede in materia di crimini d'odio, e quindi estenderla ha un senso. Noi avremmo preferito riscriverla tutta (cioè aggiornarla) e prendere in considerazione tutti i crimini d'odio, rivedendo e rilanciando l'attività di prevenzione. Ma così non si è voluto. Il punto che ci riguarda sta soprattutto nell'applicazione dell'articolo 1 della stessa Legge, che modifica l'art. 3 della precedente Legge del 1975 (Ratifica della Convenzione internazionale di tutte le forme di discriminazione razziale). In particolare il comma a) dispone la reclusione sino a tre anni per "chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commete atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi". Questi reati sono perseguibili d'ufficio. Sul comma b) dello stesso articolo nessuno solleva questioni (spero...) perchè è quello che prevede l'incitamento a commettere atti di violenza. Ora il fronte del NO sostiene che se questa norma venisse semplicemente estesa alle questioni connesse con orientamento sessuale e identità di genere provocherebbe la potenziale incriminazione di coloro che pensano che il matrimonio gay non si deve fare. O di coloro che pensano che l'omosessualità sia un peccato, o una malattia. Facciamo qualche esempio per intenderci meglio: se io dchiarassi pubblicamente "morte ai froci" o "deportateli tutti" questo sicuramente ricadrebbe tra quanto la legge definisce incitamento alle discriminazioni o alla violenza. Se io insultassi una persona, pubblicamente o no, usando i soliti epiteti antiomosessuali NON avrebbe nulla a che fare con questa legge, ma con il codice penale, punto e basta. Altra cosa è a manifestazione di un pensiero politico, sociale, anche culturale, che non sia direttamente connesso all'incitazione di un atto di discriminazione o violenza, come potrebbe essere il manifestarsi contrari al matrimonio egualitario: questo NON è e NON potrà mai essere oggetto di questa legge. Per il semplice fatto che siamo in un ambito completamente diverso, che è quello del libero manifestarsi di posizioni politiche e sociali. Faccio un altro esempio: ci sono alcune persone, anche in Italia, che sostengono che l'AIDS non esiste. Questa affermazione, sul piano scientifico, è deleteria e pericolosa esattamente come quella di chi continua a credere l'omosessualità una malattia. Eppure nessuno in Italia può impedire di esprimersi in questo modo, ma può (anzi dovrebbe secondo me) intervenire laddove chi affermi queste stupidaggini svolga un ruolo di rilievo pubblico o addirittura di servizio pubblico. Uno psicologo che pensi che l'AIDS non esiste e che svolge la sua attività con persone con Hiv (tanto per fare un esempio) è un pericolo concreto, e gli organi preposti alla professione, o alla tutela delle persone malate, farebbero bene a intervenire. In altre parole: la libertà di espressione esiste, anche per coloro che dicono stupidaggini. Sono le loro azioni ad essere censurabili. Ma quando si parla di interessi collettivi, e di diritti individuali, il piano del dibattito cambia, e se il discorso pubblico è connesso alla discriminazione ed alla violenza esso non può essere consentito. Perchè, in fondo, la questione è tutta qui: nel nostro Paese ci sono persone, forze sociali, istituzioni, che ritengono che il proprio pensiero personale in merito alla vita sessuale delle persone non debba essere penalmente perseguibile. Sul fatto che non lo debba essere sulpiano generale siamo tutti d'accordo, ma se questo lede la mia immagine o i miei diritti io devo avere gli strumenti per potermi difendere. poi magari decido di non usarli, ma li devo poter avere, se no èsopruso bello e buono. Guarda caso tutti coloro che ripetono il mantra della liberta di espressione sono le stesse persone che masticano amaro quando gli si ricorda che i diritti delle persone lgbt sono semplicemente e nulla di più che diritti umani, e come tali devono essere trattati. Diciamoci la verità: è ancora socialmente ammissibile che ci sia qualcuno che consideri malati gli omosessuali, che li derida pubblicamente affermando che non possono fare famiglia, che di fatto chiede l'annullamento delle proprie relazioni soprattutto quelle filiali. Al massimo basta una risata per costoro, senza nemmeno prendere in considerazione cosa queste parole rappresentano e sostengono. E la resistenza prodotta contro l'estensione della Mancino è direttamente proporzionale alla pervicace diffusione di queste idee. Controprova? Nessuno chiede di cancellare il comma a) per motivi razziali. Perchè? Perchè socialmente è riprovevole e negativo manifestare pensieri razzisti, ed è soprattutto condiviso. Per l'omosessualità non è così. In più nessuno riflette a sufficienza sulla sostanziale non applicazione della mancino ai discorsi d'odio (il famoso comma a): voi vi ricordate più di dieci condanne ai sensi della Mancino contro le centinaia e centinaia di politici che sull'odio razziale hanno costruito le proprie fortune? Quel signore che anche recentemente ha dichiarato che gli piacerebbe vedere un naufragio di profughi, per esempio, dovrebbe essere già stato incriminato dalla procura di dove risiede. E' accaduto? Siamo quindi il Paese dove si tollera l'intollerabile. Dove si scrivono le Leggi e poi non le si applicano. Dove un giudice può inceppare per anni l'applicazione di una norma Peraltro l'Italia è quello strano paese in cui pur essendoci la Mancino nessuno è mai stato censurato ne condannato (se non in pochi casi molto isolati e molto eclatanti) per l'incitamento: avete presente le centinaia di casi non solo di incitamento ma anche di vera e propria realizzazione di discriminazione per motivi raziali ed etnici che abbiamo letto sui giornali da almeno venti anni? Ecco, tutto impunito. La verità è che questa Legge è stata ampiamente NON applicata (alla faccia della certezza del diritto e dell'obligatorietà dell'azione penale). Pur essendo la stessa legge blanda e molto misurata. Addirittura c'è la possibilità di sostituire la pena con sanzioni penali (fino a 6000 euro...) o con le cosidette pene alternative. Di che cosa si ha paura quindi? Chì si esprime contro l'estensione della Legge Mancino usando il tema della libertà di espressione giustifica, consapevole o no, coloro che i crimini d'odio e i discorsi d'odio li commettono. E dobbiamo trovare il modo di dirlo, perchè è la verità. Rimane un argomento, molto diffuso tra quanti difendono da posizioni non vaticanofile (e sono tanti) il diritto all'espressione. Molti mi hanno detto di essere contrari a un mondo in cui nessuno può più dire di un altro che è un "finocchio". Ora, come ho avuto modo di dire, tutti noi già viviamo in un modo dove insultare qualcuno è reato. E non capisco per quale motivo beccarsi del "finocchio" o del "ricchione" debba essere considerao più light che stronzo o bastardo o altro. Tradizione? beh, anche la tradizione popolare (la vogliamo chiamare così?) stava sulla bocca di chi definiva "puttane" le donne che andavano a lavorare fuori di casa, o che fumavano una sigaretta, o che portavano la minigonna. O di chi le definiva e le definisce assassine per aver abortito. Io invito tutti i mie amici liberali e libertari (ed anche io faccio parte di questa famiglia) a riflettere sul fatto che non esiste una libertà assoluta, nemmeno nell'uso delle parole e delle espressioni. E che il lavoro difficile è proprio quello di definire i confini che la nostra società è in grado di sostenere. Qui e ora. Una società che limita l'uso dei social media mi fa orrore tanto quanto una società che non li regoli affatto, e che consenta l'impunità a chiunque.Se vivessi in Russia o in Uganda la mia priorità sarebbe un'altra, ma io vivo in Italia, a pochi passi dal Vaticano, con un vicepresidente del Senato che dice quello che dice, ma che non si dimette, con il consenso della maggioranza, perchè lui è "il più simpatico", ed è "molto bravo" come vice presidente. Capito di cosa parliamo quando parliamo di libertà di espressione in Italia? Enzo Cucco presidente Associazione radicale certi diritti 17 luglio 201

sabato 13 luglio 2013

DIETROLOGIA E DEMAGOGIA NON COMBATTONO L'OMOFOBIA

Riusciamo a condividere qualche riflessione sulla proposta di legge cosiddetta contro l'omofobia che la prossima settimana si discuterà (forse....) in Parlamento senza per questo ricorrere a dietrologie e demagogia? Si leggono in giro una valanga di stupidaggini, e le peggiori aspettative, sia da parte del fronte del SI che del fronte del NO, basate unicamente su infondate dichiarazioni il cui unico scopo è condizionare il voto e rimbabbionire chi siede in Parlamenro, chi legge i giornali o guarda le tv e chi pascola sui social network. Lo stato dell'arte è presto detto: esiste un testo unitario PD-PDL che la prossima settimana dovrebbe ricevere l'ultimo assenso in Commissione Giusizia, pare dopo la votazione di preannunciati emendamenti. Il testo unitario è frutto del compromesso (non poteva che essere così) tra la proposta Rete Lenford-Scalfarotto e la proposta PDL-Leone e, come tutte le proposte unitarie cerca un punto di equilibrio tra le due. L'attuale testo è chiaramente un passo indietro rispetto alla Proposta Rete Lenford-Scalfarotto (che peraltro ha ottenuto un consenso vastissimo di cofirmatari) anche se non così evidente agli occhi dei più. Cosa che scatena, appunto, le peggiori dietrologie. Ovviamente esisteva anche una altra ipotesi parlamentare: quella di lavorare su una maggioranza che non tenesse conto del centrodestra, e quindi eliminando la necessità della mediazione al ribasso. Ma questa soluzione oltre che essere impraticabile per il Senato (o comunque a maggioranza molto risicata) sarebbe stata difficilmente gestibile sul piano degli accordi di maggioranza. E c'è anche chi dice in giro che l'opposizione a un testo unitario non si basi sul merito della proposta ma proprio sulla volontà di spingere in un angolo (ma ce ne sono ancora disponibili...?) il PD che non reggerebbe in modo unitario un voto dove i propri vaticanofili non votassero con quelli altrui. Argomenti forse fondati ma che agli occhi di chi vive fuori dal Parlamento suonano offensivi per la nostra intelligenza e buoni solo a gettar fumo negli occhi di chi vorrebbe valutare le proposte per quello che sono e per la loro efficacia, punto. Per evitare di perdersi nei meandri delle dietrologie credo che sia necessario entrare nel merito della vicenda, e cercare di offrire esempi. I tre punti sostanziali della proposta unitaria, che tende a modificare la cosiddetta Legge Mancino n. 205 del 1993 (e quindi la precedente legge antirazzista n. 654 del 1975 che recepiva la Convenzione internazionale sulle discriminazioni razziali) sono: - la proposta di una definizione di "orientamento sessuale" e "identità di genere", - l'estensione della legge Mancino e dell'articolo 3 della legge antirazzista anche "in materia di discriminazioni basate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere" - la riscrittura degli articoli di legge sulle pene alternative E' del tutto evidente che la vera novità sta nel secondo punto, ovvero nella possibilità di applicare quanto previsto da quelle due leggi nei nuovi casi indicati. Ma che cosa prevedevano queste due leggi? Tutto è riassunto dell'articolo 3 della Legge del 1975, così come modificato dalla Legge Mancino, vale a dire: - reclusione fino a tre anni per chi "diffonde in qualsiasi modo idee...." o "incita a commettere o commette atti di discriminazione per ..." - reclusione fino a quattro anni chi "incita o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza..." - divieto per le organizzazioni che abbiano tra i propri scopi l'incitamento alle discriminazione o alla violenza.... Andiamo per punti. Le due definizioni offerte sono insufficienti per coprire tutti i casi di poteziale violenza o discriminazione. Faccio un esempio per farmi capire: nella definizione data dalla proposta di legge per l'identità sessuale si parla di "percezione di se come appartenente al genere maschile e femminile cnahce se opposto al proprio genere". Ma le persone transgenere non necessariamente si sentono appartenenti all'una o all'altra identità. Che dire poi delle persone intersessuali? Di fronte a giudici neanche tanto tignosi, molte persone trans potrebbero venire escluse da questa definizione. La soluzione c'è, ed è quella di usare il concetto di "espressione di genere " aggiungendolo agli altri due. E' già diffuso non soltanto nel mondo lgbt o della sociologia, ma anche del diritto, essendo stato utilizzato in una Direttiva comunitaria, la n. 29 del 2012. Che, come noto, anche in assenza di uan legge nazionale di recepimento, è norma vigente in tutto il territorio europeo. Sull'estensione della Legge 205 e della 654 ai casi di discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere si gioca il massimo di confusione. Intanto il richiamo all'articolo 10 del Trattato per il Funzionamento dell'Unione Europea è perlomeno improprio: si tratta di una norma di principio, chiaramente riferita alle politiche dei Paesi membri in materia antidiscriminatoria. Mentre con le leggi di cui discutiamo siamo in ambito penalistico, quindi di reati precisi. Svista o depistaggio? Non so, e non credo sia utile cabalizzare pià di tanto su questo punto. L'emendamento da proporre in questo caso è semplice: togliere il pleonastico riferimento al TFEU, e l'ambiguo riferimento alle discriminazioni. Non credo che sia molto difficile proporre un emendamento di tale natura, anche perchè l'eventuale NO sarebbe la prova provata che il PDL sta facendo di tutto per depotenziare questa norma. E penso (spero) che sia chiaro a tutti e tutte che una norma che si occupi solo dei casi di discriminazione non è sufficiente. La terza novità (le pene alternative) non è una novità, e farebbero bene ad informarsi girnalisti e politici provetti che la spacciano per tale. Le pene alternative erano già previste, ed anche applicate. La proposta di legge riformula l'articlo della Mancino che le prevedeva. Stop. Non penso che ci sia molto altro da dire sulla proposta di legge, e va da sè che se non si riesce a far approvare gli emendamenti necessari non so nemmeno se abbia davvero senso andare avanti per far approvare un testo simile. Il gioco sta tutto qui: la norma che uscirà sarà utile? Se si pensa di si la si voti, mettendo in conto anche tutte le conseguenze che una legge ambifua, non precisa o troppo generica può provocare. Ritento che fare il parlamentare sia così faticoso e pieno di responsabilità che annunciare diktat o mainifestazioni su quest amateria serva davvero a poco. Spero che si abbia la saggezza di fermarsi, senza farsi rapire dal falso argomento che "meglio una piccola cosa che nulla", perchè in questo caso la piccola cosa è minucola...... Credo che sia altrettanto necessaria qualche riflessione più generale, per comprendere quanto siano infondate le aspettative che circolano selvagge sui media. Non è un mistero che l'associazione di cui sono Presidente ha in tempi non sospetti sollevato, in sedi pubbliche ed in riunioni private, la necessità che l'Italia superi il gap esistente con l'Europa con una nuova legge sui crimini d'odio, con all'orizzonte l'art 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (con alcune piccole integrazioni, per esempio la definizione di "espressione di genere"). Una legge completa, che prenda in considerazione non solo la repressione penale bensì anche l'attività di prevenzione, a mio avviso molto, molto più importante della precedente. Di tutto questo non c'è traccia nei provvedimenti in discussione (ma nemmeno nel dibattito pubblico) che si pasce dell'illusione che l'inserimento di un nuovo reato risolva il problema. Come è altrettanto noto Rete Lenford ha elaborato in autonomia questa proposta esclusivamente sulla parte penale della quesione, adottata da molti deputati e senatori senza che sia stato possibile almeno mettere in evidenza questi aspetti. Tutto legittimo, per carità, anzi tanto di cappello alla strategia dell'avvocatura che saltando a piedi uniti confronto e condivisione (spesso faticosi e inconcludenti, lo ammetto......) ha portato a casa l'obiettovo che oggi il Parlamento discute "a partire" dalla loro proposta. Ma questo non ci esime dal riproporre questo tema, anche per contrastare facilonerie e vere e proprie manipolazioni che, anche dal fronte del SI, si stanno moltiplicando. Faccio un esempio concreto, purtroppo molto recente e a me vicino: qualche giorno fa di fronte ad una discoteca che ospita la serata principale della scena gay torinese (i cui gestori peraltro sono molto più che sensibili e partecipi alla vita politica lgbt) un gruppo di ragazzi gay è stato aggredito da quattro ragazzi visibilmente ubriachi e forse un po fatti. E sono stati malmenati a suon di violenti insulti omofobi. Hanno reagito come hanno potuto, son stati aiutati dal gestore del bar, hanno chiamato la polizia e immediatamente denunciato (cosa importantissima che va a loro grandissimo merito) e la polizia ha preso e portato in galera i colpevoli. Rilasciati il giorno dopo sono denunciati a piede libero per un bel pò di reati già previsti dal codice penale. E le Istituzioni cittadine son pure intervenute con dichiarazioni e prese di posizione, al netto di alcune stupidaggini dette dai soliti consiglieri comunali in cerca di visibilità. La legge antiomofobia in discussione in Parlamento non avrebbe ma impedito un caso del genere, per motivi generali e per motivi specifici. Come dovrebbe essere ormai universalemnte noto nè la Legge del 75 nè quella del 93 hanno impedito lo svilupparsi, anche impetuoso negli scorsi anni, di centinaia di casi di violenza, maltrattamenti e discriminazioni per motivi razziali (che era l'unica materia prevista da quelle leggi). Basta leggere i bollettini dei Centri di documentazione indipendente, delle organizzazioni che hanno studiato l'applicazione della Mancino, dello stesso Parlamento che ha certificato l'aumento di antisemitismo e razzismo in forma ufficiale e documentata. E allora mi fa arrabbiare sentire, anche dalla voce di esponenti del movimento lgbt che "ora basta ci vuole una legge" senza specificare di quale legge abbiamo realmente bisogno. Giocando sull'ambiguità e trasferendo sulla proposta in discussione aspettative che verranno, purtroppo, sconfessate dalla realtà prossima ventura. Peggio ancora sentire alcuni parlare di "emergenza" vera e propria, senza sentire la "vergogna" del confronto con la valanga di pupulisti che in questi anni ha condizionato la nostra vita (e le nostre elezioni) con i criminogeni concetti di "emergenza immigrati", "emergenza zingari" e via sproloquiando. Chi straparla di emergenza dovrebbe anche assumersi la responsabilità di offrire numeri, analisi puntuali e casi specifici, e non solo gicare sui titoli dei giornali e l'emozione del momento. Il fenomeno dell'odio sociale, con tutte le conseguenze anche penali che esso porta con se, è ben lungi dall'essere una emergenza, e necessità di interventi strutturali di medio e lungo periodo che, certo, non si prestano all'uso mediatico-bulimico di cui soffriamo un pò tutti. Senza parlare dell'area di omofobia e transfobia che un pdl come quello in discussione non intercetta minimamente, e che invece rappresenta la base di un iceberg invisibile ma non meno reale: famiglia, lavoro, scuola, sport sono gli ambienti dove l'odio sociale si alimenta, sviluppa e manifesta. In nulla questa legge ci potrà aiutare per questo lavoro. Contro questi argomenti ci sono altre due posizioni molto diffuse: la prima è quella che afferma che non c'è bisogno di una legge per gli interventi di prevenzione. Posizione che con termine "tecnico" definirei una stupidaggine. Se solo si conoscesse quanto, al contrario, le norme positive diano saldezza, continuità e impulso all'attività che oggi è fatta o per buona volontà o per estensioen di altre normative generali, non si difrebbero tali castronerie. Con tutta la buona volontà della nemmeno la Strategia UNAR o eventuali programmi specifici possono esser paragonabili a quello che puà produrre una vera e propria legge contro i crimini d'odio e i fenomeni di discriminazione che oggi in Italia manca drammaticamente. La seconda posizione è quella più insidiosa perchè si basa su un dato di fatto: la realtà italiana è tale per cui sui temi lgbt si possono solo fare passi avanti minimi. Ho già scritto in altro contesto quanto questo argomento fintamente realista sia di fatto di natura arrendista. Soprattutto quando si accompagna alle raccomandazioni di non fare troppo rumore, a non spigere su questo o quell'altro tema, ad attendere il lavoro di convidivisione in Parlamento. Soprattutto a non rispondere per le rime alle deliranti tesi del fronte del NO che, ormai schieratissimi, tentato di non far passare nulla di nulla, con lo stesso argomento di sempre, ovvero che questa legge censurerebbe la libertà di espressione. Argomento che meriterebbe una analisi più dettagliata di quella che qui posso fare. Quanto lavoro vero è stato fatto in questi anni per convincere, e non solo per fare polemica nei talk show, su questi temi? Quante e quali lobby sono state attivate? Quante persone, soldi, associazioni si sono impegnate per questa attività, di certo non visibile, ma straordinariamente più produttiva di molte altre? E allora se manco ci abbiamo provato perchè dichiamo tutti come pecore che non sarà mai possibile ottenre altro che briciole? Dobbiamo sostenere (per quanto sta a noi) il progetto di legge in discussione in Parlamento a condizione che gli emendamenti per i quali qui dedichiamo qualche parola siano recepiti. Con la consapevolezza che non si tratta affatto di una norma risolutiva del fenomeno ne di di quello che l'Europa realmente ci chiede. Realisti, quindi, e non arrendisti. Lasta but not lest: ci sarebbe da trattare anche il tema del rapporto tra associazioni, e di quello tra associazioni e Parlamento. Ma questa è tutta un'altra storia. Enzo Cucco presidente Associazione radicale certi diritti 13 luglio 2013

sabato 29 giugno 2013

LA DIFFERENZA TRA REALISMO E ARRENDISMO

Fa una certa impressione il numero di commenti "arrendisti" alla sentenza dell'Alta Corte statunitense che ha dichiarato discriminatoria la legge federale che vietava il matrimonio tra persone dello stesso sesso. E' successa la stessa cosa all'approvazione della legge francese per il matrimonio egualitario e, ci posso scommettere, accadrà anche quando la Gran Bretagna farà altrettanto: si comincia con l'inneggiare al coraggio ed alla lungimiranza democratica di questi Paesi, si spargono lacrime e contumelie sul conservatorismo italiano e sul blocco, imbelle e sordo, del nostro Parlamento e si chiude, invariabilmente, con "dateci una legge per le unioni civili". Perchè? L'orientamento prevalente delle corti e dei parlamenti dei paesi a democrazia occidentale è quello della piena applicazione del principio di uguaglianza che, proprio perchè tale, prevede eccezioni solo in casi specifici, e ben argomentati. La questione irrisolta è sempre la stessa: perchè le persone omosessuali devono essere escluse dal matrimonio civile? Sulla base di quale argomentazione? Il fronte del Si (un si minimalista) usa sbandierare tre tipi di argomenti che giustificherebbero un no al matrimonio e un si alle unioni civili: 1 "gli italiani non sono preparati" (Carlo Rimini su la Stampa del 27 giugno, e tanti altri). E chi lo dice? Se si fa riferimento alle indagini realizzate ultimamente anche per il matrimonio egualtario esisterebbe se non una vera e propria maggioranza una sostanziale eguaglianza tra favorevoli e contrari. Segno del fatto che se con gli italiani si ragiona e non li si terrorizza con falsi argomenti shock sempre infondati, il consenso generale aumenta. Come è sempre stato su questioni di grande rilievo sociale: basterebbe ricordarsi le polemiche pretestuose di quelli che dicevano che su aborto e divorzio gli italiani erano contrari.... 2. "la richiesta del matrimonio egualitario è ideologica, abbandoniamola" (Cecilia Guerra alle agenzie sempre il 27 giugno, e tanti altri ancora). Facciamo finta che non esista una questione di uguaglianza sostanziale dietro questa affermazione. Ma andiamo alla sostanza logica di questa affermazione: chi la sostiene, infatti, afferma che l'importante sono i diritti (ed i doveri aggiungo io, di cui nessuno parla mai) che si riconoscono alle copie formate da persone dello stesso sesso, che dovrebbero essere identici a quelli per le coppie di sesso opposto. Bene, ma secondo voi siamo tutti così infantili, ovvero il fronte dle NO è così infantile da accontentarsi di una mera battaglia ideologica, appunto? Non è forse contro i singoli diritti che il fronte del NO si batte? Non parlo di quello di andare ad assistere il proprio congiunto in ospedale. Parlo di eredità, di regime patimoniale e fiscale, parlo di capacità genitoriale. Sbaglio o su tutte queste questioni il fronte del NO è più aguerrito che mai? Ed allora chi parla di unioni che estendano i diritti (magari lanciandosi anche con l'espressione "tutti i diritti" ) non ci sta prendendo un pò per i fondelli? Non sta facendo retorica semplicemente per nascondere il fatto che è sui diritti che il fronte del Si avrà la sua più cocente delle sconfitte, che potrebbe anche essere la non approvazione di alcunchè visto che su questi temi la trattativa sarà infinita, perchè infinita deve essere la strategia trattativista, visto che è l'ultima spiaggia dle fronte del NO? In più: il retro pensiero di molti di costoro che sembrano dirci "basta con i massimalismi, puntiamo su obiettivi concreti" è che si pensi ad una unione civile (con alcuni diritti riconosciuti, e una paccata di doveri in parte già applicati peraltro) per le sole coppie formate da persone dello stesso sesso. Spacciandola come grande risultato di uguaglianza. Sia ben chiaro da subito: ogni provvedimento di riconoscimento di particolari diritti o doveri che si basi su una differenza di orientamento sessuale è DISCRIMINATORIO in se, e chi lavora su scelte di questo tipo sa perfettamente che condanna la comunità lgbti italiana a una decina di anni almeno di altre cause pilota per ottenere dalle corti quanto il Parlamento non vuole riconoscere. 3. "nel Parlamento non c'è una maggioranza favorevole" (argomento utilizzato dalla stragrande maggioranza dei deputati e senatori, anche quelli del fronte del SI). Questo è un argomento realista, ovvero che parte da un dato di fatto sul quale le interpretazioni non possono essere alternative. Ma diventa immediatamente arrendista quando si passa alla soluzione: non è mai stata avviata una seria azione di promozione e diffusione, soprattutto tra i parlamentari, degli argomenti a favore del SI. Mai nessuno ha tentato di fare una azione seria, continuativa, dialogante con tutti e tutte, senza escludere nessuno a priori e lavorando soprattutto nei confronti di quell'area grigia (molto vasta a mio avviso) che non è pregiudizialmente a favore del NO. Questo è il lavoro da iniziare, questa l'urgenza da organizzare. Non più tempo di "testimonianze" (utili solo a dare un pò di visibilità ai singoli) ma di lavoro concreto e per molta parte oscuro, di convincimento e cotruzione di una maggioranza. Il lavoro di lobby, appunto. Anche perchè solo rimanendo fermi sulla richiesta del matrimonio egualitario si "rischia" di avere una legge sulle unioni meno discriminatoria possibile. Può sembrare un paradosso, invece è l'unico realismo che non si arrende alla minoranza antimodernista e conservatrice di questo paese: la nostra storia è tutta lì a dimostrarlo. Enzo Cucco presidente Associazione radicale certi diritti 29 giugno 2013

giovedì 20 giugno 2013

UN MESE FA

Esattamente un mese fa, il 21 maggio presso la Biblioteca del Senato in Piazza della Minerva, si è svolta la prima riunione di deputati e senatori interessati alle tematiche lgbt. Non vi nascondo che faceva un certo effetto assistere a questa riunione mentre si ricevevano le notizie sulla approvazione definitiva da parte della Camera dei Comuni inglese dell'equal mariage bill. La coincidenza suonava un pò impietosa per il Parlamento italiano, e forse una certa motivata impazienza ha condito di sapore agrodolce un appuntamento che, a mio avviso, è stato importante. L'iter della legge inglese continua, e dovrebbe chiudersi a breve con la votazione definitiva alla Camera dei Lords e la promulgazione da parte della Regina, mentre nulla sappiamo sull'iter della costituzione di un coordinamento tra deputati e senatori che la riunione aveva lasciato sperare. Non lo chiamo Intergruppo, anche se da molti dei presenti (in tutto credo poco meno di 40, di PD, SEL, Scelta Civica e M5S. Ma se sbaglio correggetemi) questa ipotesi è stata più volte evocata. La richiesta di mettere insieme parlamentari attenti ed attivi su questi temi arriva proprio dalle associazioni lgbt italiane. Praticamente tutte l'hanno auspicata, ed in qualche modo il lavoro prelettorale innanzitutto di Arcigay (che ha raccolto la sottoscrizione alla sua piattaforma di più di 100 parlamentari) e poi anche di Certi Diritti andava in quella direzione. Merito di Del Giudice, Zan e Scalfarotto im primis, aver preso l'iniziativa di convocare la prima riunione, e di tutti gli altri e le altre ad avere partecipato. Questo mese non è passato invano, in realtà. Non tanto per l'intergruppo, ma per la le riforme che si attendono. Alla Camera è cominciata la discussione del pdl Scalfarotto e tanti altri contro l'omofobia, ed al Senato la discussione su matrimonio e unioni civili a partire dal pdl Lo Giudice. le stesse proposte si sono moltiplicate e, cosa degna di nota, una parte forse minoritaria ma non poco visibile del PDL ha presentato una proposta di legge sulle unioni omoaffettive che rappresenta un oggettivo passo avanti rispetto alle chiusure ed ai balbettii del passato. Anche la Commissione Diritti Umani del Senato ha cominciato a lavorare sui temi lgbt. Ed ha dichiarato di voler analizzare la situazione delle persone omosessuali e transessuali in Italia, pur avendo cominciato con l'audire tre testimoni importanti sulla situazione grave che si sta vivendo in alcuni paesi, tra cui Uganda e Russia. E l'Intergruppo? Penso che si debba aspettare la fine del mese dei Pride per capire se ci sarà continuazione della sua attività. Anzi se ci sarà un atto di nascita vero e proprio. E speriamo che deputati e senatori siano allo stesso livello consapevoli che un Interguppo è efficace se si rispettano alcune condizioni: - l'Intergruppo dovrebbe essere il luogo ove ci si confronta e si studiano obiettivi e strategie comuni, a prescindere dalle logiche partitiche e dalle dinamiche parlamentari. Se queste prendono il sopravvento non ci sarà mai alcun valore aggiunto dal riunire deputati e senatori di gruppi diversi su uno stesso obiettivo; - l'Integruppo dovrebbe essere in grado di andare al di là dei confini di appartenenza, ponendosi come obiettivo preciso quello di coinvolgere (almeno tentarci, e non solo con una mail e una teelfonata) parlamentari dello schieramento di centro destra e non solo di centro sinistra. Proprio la Gran Bretagna, in questo, ci dice molto; - il rapporto tra Intergruppo e associazioni lgbt deve essere proattivo su entrambi i versanti. Così come non ci serve un Integruppo che considerasse le associazioni la platea a cui mostrare la propria attività, non avrebbe altrettanto senso che le associazioni continuassero la loro "azione descrittiva" dei problemi esistenti, e non cercassero (almeno) di contribuire all'"azione costruttiva", di alternative e riforme possibili. Esiste, però, una questione parallela che una eventuale costituzione di un Interguppo potrebbe aiutarci a risolvere: le varie associazioni lgbt attive in italia raramente sono riuscite a far causa comune, al di là dei Pride e delle relative piattaforme e/o documenti politici che a forza di cercare di rappresentare tutte e ciascuna le identità presenti ha perso quasi del tutto il valore di documento programmatico. E' difficile e molto faticoso per le associazioni lavorare per definire obiettivi e strategie comuni, e per elaborare una metodologia di lavoro a supporto dell'azione parlamentare al fine di aumentarne l'efficacia dell'azione stessa e non solo per rappresentare una istanza, anche la più urgente e nobile. L'esempio di Rete Lenford è lì a dimostrarlo: in splendida solitudine sono riusciti ad incardinare l'unica iniziativa che abbia poi avuto esiti concreti in Parlamento. Potremmo perdere ore nel discutere se i progetti presentati alla Camera siano davvero efficaci per raggiungere gli scopi che si prefiggono (e magari capire anche perchè al Senato siano diversi). Rimane il fatto che in termini di strategia quella scelta è stata efficace. L'Associazione radicale certi diritti dal proprio Congresso Nazionale di Napoli ha proposto, prima informalmente ora lo farà formalmente, la costituzione di una Consulta italiana delle associazioni che si occupano di uguaglianza anche per le persone con diveros orientamento sessuale e identità di genere (quindi non solo le associazioni lgbt, ma anche qualcosa di più (per esempio amnesty international e le consulte per la laicità, tanto per cominciare). Proprio per cominciare a fare quello che anche l'Integruppo dovrebbe fare: parlarci, discutere e decidere insieme. Sulla base dei nostri obiettivi comuni, e non delle nostre identità o delle nostre idee politiche che, come è noto, ci dividono e non ci uniscono. E' un passo pallido, alla luce di quanto accade in Francia, Gran Bretagna, USA. ma è pur sempre il passo che ci manca per far si che le nostre divisioni non siano con-causa dei nostri fallimenti. Enzo Cucco presidente associazione radicale certi diritti http://gayindependent.blogspot.it/ 20 giugno 2013

lunedì 27 maggio 2013

NON ABBIAMO BISOGNO DI UNO ZIO TOM GAY

La lettera di Davide Tancredi apparsa in prima pagina su Repubblica del 25 maggio scorso si presta a molte considerazioni. Le prime delle quali nascono dalla lettura di quei passi dove si sostiene che “Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali “ e “siamo solo sfortunati partecipi di un destino volubile”. Sarà pure semplicistico, ma non credo di andare troppo lontano dal vero nell’affermare che questo atteggiamento è proprio uno dei frutti peggiori dell’ignoranza e del pregiudizio antiomosessuali, che generano complessi di colpa e inferiorità del tutto ingiustificati. Così come non credo sia il caso di discutere quanto questa lettera sia rappresentativa della realtà degli adolescenti gay lesbiche e transessuali italiani: a me sembra che anche nel nostro Paese, malgrado la sua classe dirigente, gli adolescenti di oggi possano affrontare la crisi di accettazione con strumenti che nel passato nemmeno ci sognavamo. La domanda, però, che mi pongo è un’altra: perché Repubblica ha deciso di dare così rilievo a questa lettera? Incrociando le reazioni alla stessa con le battute (chiamarlo dibattito mi sempre davvero eccessivo) di alcuni esponenti PDL sull’incapacità di qualche cattolico ad “aprirsi” sui diritti dei gay? Ovviamente la scelta di pubblicare la lettera in prima pagina, e di sostenere il dibattito che da essa è scaturito sia sul web che sulla carta stampata, non deriva solo dalla lettera stessa. C’è stata una scelta editoriale che ha puntato sull’enfasi per un caso che suscita (o dovrebbe farlo) pietà nel senso nobile del termine e, di conseguenza, interventi legislativi “sui diritti dei gay”. Scelta che evidentemente ritiene che il “problema” stia in quei cattolici (quanti? dove?) che si oppongono a questi diritti e non nella incapacità della classe politica (io dico nella classe dirigente di questo paese, giornalisti inclusi) di sostenere i principi in cui si crede. Innanzitutto quello di uguaglianza e dignità di ogni persona umana, così come dice la nostra Costituzione. L’esempio francese, infatti, è chiarissimo nel mettere in evidenza che lì la maggioranza del Parlamento (che su questa materia coincide con la maggioranza del Paese) non si è fatta bloccare da una minoranza. L’Italia ha già affrontato situazioni simili, e non solo nel caso del divorzio e dell’aborto, ma mai come in questi anni il fronte dei no si è affermato fuori dagli strumenti della democrazia formale, utilizzando invece largamente l’influenza lobbistica tradizionale e gli strumenti di comunicazione di massa. Sembra quindi che Repubblica abbia deciso che per scalfire questo blocco culturale si debbano usare gli strumenti della pietà, dei sentimenti, delle emozioni che generano empatia nei confronti delle vittime. Una specie di strategia dello “zio Tom gay”. Niente di nuovo, e niente di male in realtà, fino a che si mostra la verità dei fatti e si racconta la storia di milioni di uomini e donne, delle loro famiglie e dei loro figli. Ma con quale obiettivo? Convincere i cattolici che i giovani gay soffrono tanto e quindi hanno bisogno di una legge sull’omofobia? Chiedere una legge sulle unioni civili (di per sé già discriminante come scelta) e poi beccarsi una legge sui diritti delle coppie gay? Come se i diritti delle persone gay lesbiche e transessuali non fossero altro che diritti umani, fondamentali e primari rispetto ad ogni altra considerazione? Ho un grande rispetto per i sentimenti umani, e la pietà può essere uno straordinario motore di empatia, di comprensione ed anche di condivisione. Ma sulle questioni che riguardano i diritti umani penso che sia meglio ricordarselo che sono tali. E che gli stessi non sono concessi per pietà, ma dovuti per giustizia. Enzo Cucco 28 maggio 2013

sabato 4 maggio 2013

BIANCOFIORE, LETTA E LA NORMALITA'

Nel comunicato ufficiale del Governo si riporta solo il cambio di "compiti" per Micaela Biancofiore, senza indicarne le motivazioni. Le solite fonti "di Palazzo Chigi" citate dall'Ansa parlano di "rottura delle regole di ingaggio", ovvero si è trattato di una caduta di stile fuori dal recinto della sobrietà indicato da Letta. Comunque nemmeno le indiscrezioni citano mai le affermazioni pregresse della signora in questione, bensì l'aver rilasciato una intervista a Repubblica a commento delle polemiche sulle stesse dichiarazioni. Stiamo quindi parlando di motivi formali, non della sostanza delle cose che, a dispetto di quello che molti pensano, secondo me non sta nelle cose dette (dalla Biancofiore intendo) ma nella evidente incompatibilità tra persona prescelta e "compiti" da svolgere. Comunque la scelta di Letta chiude il gioco. Anche se: 1. è probabile che entro le prossime 24 ore si levino i corifei della leggenda metropolitana sul potere della lobby gay, con tanto di richiamo alla libertà di espressione. I maggiori indizi ci fanno guardare dalle parti dei tre spadaccini della conservazione, i soliti Roccella-Ferrara-Galli della Loggia. Ma anche i più volgarotti Gasparri e Giovanardi hanno le competenze giuste per intervenire sulla materia. Spero di non avere ragione. 2. E' altrettanto evidente che la velocità dell'intervento di Letta è anche dovuta (anche, non solo) al fatto che in questo momento storico (direi gli ultimi cinque/sei anni) tutto quello che ha a che fare con le polemiche sui gay, lesbiche e transessuali (non su di loro ma sulle polemiche su loro) ha una evidenza mediatica molto molto alta. E che sia a livello nazionale che a livello internazionale (soprattutto direi) il Governo sarebbe stato costretto a rincorrere l'ultima delle gaffes della sottosegretaria per mesi. 2. Sarebbe mai stato possibile un caso "Biancofiore" per il ministero dell'economia, della giustizia, degli esteri? Perchè il criterio dell'esperienza e della competenza deve valere solo sulle questioni "serie" e per le altre va tutto bene madama la marchesa? 3. Mara Carfagna è stata una felice eccezione: gaffes e impreparazione non mancavano ma ha lavorato, ascoltato e studiato, e poi ha fatto le sue scelte. Un Governo così fragile (secondo me tutti i Governi ... ) non dovrebbero giocare mai d'azzardo sulla scelta di ministri e sottosegretari. Non solo per le brutte figure possibili, ma anche per il blocco dell'attività amministrativa, ed in certi casi anche lo stravolgimento immotuivato di sceklte strategiche e programmi, che dalla loro elezione può scaturire. 4. La scelta di Letta sarebbe come un "donna avvisata mezzo salvata". Ma ha senso come metodo di governo del governo? E soprattutto che senso ha dare come punizione il cambiamento dei compiti? Bohhh. 5. Nessuno ha notato che, in buona sostanza sulla questione generale Micaela Biancofiore ripropone esattamente quello che Berlusconi, Bersani, Monti, Carfagna, Finocchiaro, perfino Giovanardi e Rutelli han sempre affermato: niente matrimonio si ai diritti. Questa similitudine mi sembra molto più significativa della "diversità" di stile e dei comportamenti. In queste cose sono imperdonabilmente materialista, e le frasi ad effetto (negativo o positivo che siano) sono solo il trucco e parrucco dello spettacolo che va in scena. In buona sostanza nel caso Biancofiore mi colpisce molto di più l'assuefazione generale all'anormalità di fare nomine in questo modo che la normalità del gesto di riparazione di Letta. Ora sarebbe utile cominciare a discutere seriamente di pari opportunità, di diritti e doveri, di lotta alle discriminazioni in questo Paese. A partire dalla sostanza, ovvero dalla fragilità giuridica degli interventi (l'assenza di norme) e dal rischio implosione che le strutture organizzative preposte rischiano. UNAR in primis. Enzo Cucco Associazione radicale certi diritti 4 maggio 2013

venerdì 3 maggio 2013

UN PAPA UN PO PIU' SILENZIOSO E LE RONDINI CHE NON FANNO PRIMAVERA

Avete notato il silenzio del Papa durante il rush finale del Parlamento francese per il matrimonio egualitario? Per Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è stato molto diverso: sulle questioni connesse alla morale, in particolare alla morale sessuale, l'interventismo comunicativo, sia pre che post, è stato costante, martellante, ben oltre la pura presa di posizione. E credo proprio che di fronte a quanto è accaduto in quel Parlamento (direi in quella società) non sarebbero certo rimasti silenzioni. Invece Papa Francesco nulla. Delle due l'una: o il Vaticano ha valutato che essendo la legge certamente approvata sarebbe stato inutile esporsi oltre un certo limite contro Parlamento e Governo francesi (molto probabile) o è vero quanto pronosticavano molti su un papato meno interventista sulle scelte degli Stati e forse anche sulle questioni connesse alla morale sessuale. Questo non significa che il resto dei cardinali, vescovi e monsignori non si esprimano più che liberamente sull'argomento ad ogni piè sospinto. E nemmeno che la posizione ufficiale della Chiesa sia cambiata o che non ci si debba aspettare prese di posizione e condanne. Tutt'altro. Ma, pur continuando a pensare che una rondine, per giunta silenziosa, non faccia primavera, tendo a interpretare questo silenzio come un segno. Almeno del cambio di passo del rapporto tra Papato (non oso nemmeno dire ancora tra Vaticano o Chiesa) e società. Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, mi basterebbe questo. E sarebbe già un grande, ma grande passo avanti per l'Italia. C'è da sperarci? Enzo Cucco Associazione radicale certi diritti 3 maggio 2013

mercoledì 24 aprile 2013

LA LEZIONE FRANCESE CHE FACCIAMO FINTA DI AVER CAPITO

Mi sembra già di sentirle le geremiadi di quanti osservano atterriti la straordinaria organizzazione del movimento per il no al matrimonio egualitario francese. Come se le parole spese in questi anni sul significato profondo delle battaglie per l'estensione del matrimonio civile a tutti e tutte non avessero fatto alcuna breccia. Come se non avessimo letto e visto le reazioni non solo furibonde ma astute, innovative e meravigliosamente retoriche delle campagne per il no negli USA.(1) Ora è finalmente arrivato anche agli occhi della maggioranza degli italiani cosa è la nuova, vera opposizione al principio di uguaglianza nei paesi occidentali. Dietro qualche sparuta faccia da trombone, o clericale (spesso i due termini si accompagnano) ci sono le facce alla Frigide Barjot, alle migliaia e migliaia di manifestanti, giovani e donne in prima linea, all'uso massiccio dell'ironia, come massiccio è stato l'uso dei social network, per tentare di ridicolizzare prima che di demonizzare, la richiesta del matrimonio egualitario. La vera lezione francese sta soprattutto in questa duplice domanda: come si è costruito il fronte del NO, così moderno e aggressivo e come la maggioranza di governo sia riuscita a tener testa alla manipolazione mediatica ed alla retorica conservatrice mascherata da difesa della democrazia. Se proiettate queste due domande alla situazione italiana descriviamo esattamente un bel programma di lavoro, urgente e necessario, per far si che le richieste che facciamo sia supportate da campagne serie di supporto e promozione. La seconda domanda non credo abbia bisogno di risposte, purtroppo. Se i massimi leader della sinistra italiana ripetono all'unisono che le famiglie composte da coppie dello stesso sesso non sono famglie (cosa che ha detto tra gli altri, anche il forse prossimo presidente del consiglio Letta) di cosa vogliamo parlare? Urge un lavoro dentro la sinistra, altrò che...... Quello che mi sembra più grave, ed urgente, è la sottovalutazione dell'italico fronte del NO. Quanti di noi, per esempio, hanno derubricato la manifestazione della famiglia ad epifenomeno del clericalismo italiano? Quanti si ostinano a classificare i tre cavalieri dell'apocalisse ferrara-roccella-dellaloggia come frutto intellettuale dell'italico eclettismo curiale finto laico e non come avanguardia culturale fintamente modernizzante di argomenti, e forze, vecchie e stantie? In altre parole: quanti di noi continuano a perdersi dietro le stronzate di Giovanardi senza capire la gravità profonda di quel che dice ("sono per i diritti umani ma ....") invece che organizzarsi, ed organizzare, il fronte del SI a partire dallo studio sistematico ed alla confutazione degli argomenti del fronte del NO? Oltre ai tanti validi motivi che stanno alla base di questo serissimo ritardo culturale di chi ha a cuore i diritti in italia (dentro cui metto anche la stragrande maggioranza del cosiddetto movimento lgbt) ne riconosco uno tanto pernicioso quanto poco visibile. E parlo di quella pseudo-machiavellica considerazione di chi ritiene che tutti i cambiamenti sociali siano solo frutto di equilibri di potere. E quindi l'obiettivo è quello di abbattere lo strapotere vaticano in Italia per ottenere quelle riforme di cui abbiamo bisogno. La storia italiana è tutta lì a dimostrare quanto sia falsa questa impostazione, a volte inconscia nella classe dirigente del paese. Falsa e deresponsabilizzante rispetto al qui e ora, e al come si costruiscono le battaglie politico sociali. Con quali strumenti, con quali argomenti, con quali analisi affronteremo la tempesta che si profila anche nel nostro Paese? E sarà tempesta, spero ne siate consapevoli, anche sulle unioni civili a dispetto di tutti i soloni che negli anni han provato a convincerci che non si poteva chiedere il matrimonio, che non era tempo, che bisognava aspettare, che l'obiettivo era un altro.... Non abbiamo più tempo da perdere: la lezione francese è chiarissima. Si tratta di mettersi a lavorare insieme. O perlomeno insieme a chi ci sta. Enzo Cucco Associazione radicale certi diritti (1) andate a rivedervi l'interessantissimo intervento di Joel al congresso di certi diritti di qualche giorno fa http://joel-lederoff.blogspot.be/2013/04/il-matrimonio-per-tutti-alla-francese.html

giovedì 28 marzo 2013

SUL FUTURO DEI DIRITTI UMANI DELLE PERSONE LGBT NEL MONDO. LIMITI E OPPORTUNITA' DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI.

Il 26 marzo 2013 si è svolta a Parigi la Conferenza sui diritti delle persone lgbt in Europa, organizzata dal Governo francese con la collaborazione del Governo polacco. Quella di Parigi, insieme alle prossime due di Brasilia e Katmandu, rappresentano le conferenze regionali promosse dall’ONU per monitorare l’andamento della Risoluzione 17/19 adottata dal Consiglio per i Diritti Umani il 15 giugno 2011 (1) , prima in assoluto prodotta da questo organismo sul tema della prevenzione e contrasto delle discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere. Il 15 e 16 aprile prossimi ad Oslo (organizzazione a carico di Governo norvegese e Governo sudafricano) ci sarà la conferenza finale, che dovrà sintetizzare le indicazioni pervenute dalle conferenze regionali. Dopo questo appuntamento le procedure di monitoraggio e revisione continueranno in seno al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite per verificare la possibilità di reiterare la Risoluzione, eventualmente modificandola e implementandola. Giova ricordare che questo percorso va in parallelo con quello attivato dal Consiglio d’Europa per la Raccomandazione sugli stessi temi adottata dal proprio Comitato dei Ministri nel 2010: finito il monitoraggio indipendente realizzato da ILGA Europe (2), e quasi concluso quello ufficiale del Consiglio stesso, sembra che entro l’anno si dovrebbero avere conclusioni in merito alla revisione, e l’eventuale ri-adozione da parte del Comitato. Questa Raccomandazione non va sottovalutata: certo non ha la forza di una vera e propria Convenzione, ma è stata sottoscritta da tutti i ministri europei e – soprattutto – i suoi contenuti sono saldamente ancorati nella giurisprudenza della CEDU che, per effetto di principi giuridici ormai acquisiti, hanno influenza diretta sulla giurisprudenza dei paesi che ne riconoscono la giurisdizione. Spesso lo dimentichiamo ma la sentenza della Corte Costituzionale e le sentenze della Corte di Cassazione italiane sui diritti delle coppie conviventi dello stesso sesso, non sarebbero state possibili senza precedenti pronunciamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia dell’Unione europea . I risultati della Conferenza di Parigi (come delle altre conferenze regionali) sono sostanzialmente il riassunto delle questioni ancora aperte (moltissime) che le associazioni coinvolte hanno ampiamente documentato. Non ci sono state, quindi, conclusioni politiche, anche se lo stesso giorno è stata resa nota una lettera aperta, firmata congiuntamente dalla ministra francese, da quella belga e da quella italiana, che esorta i paesi e le organizzazioni a non abbassare la guardia nella lotta per i diritti umani delle persone lgbt, e contro ogni forma di sessuofobia, omofobia e transfobia. Una encomiabile dichiarazione pubblica che si aggiunge ai molti appelli di altissimo livello e di bassissimo impatto concreto (per il momento) che negli ultimi sei mesi si sono succeduti, da Ban-ki-Moon in giù (o in su, scegliete voi). Anche l’inattesa presenza del Ministro Fornero (inattesa dai pochi italiani presenti come da tutte le altre associazioni europee) può essere interpretata come il bicchiere mezzo pieno o come quello mezzo vuoto: io non avevo, e non ho, alcun dubbio sulla sincerità delle parole e dell’impegno personale del Ministro. Ma non possiamo non constatare che i risultati son pochi, e certo non aiuta aver dovuto lavorare con un parlamento sostanzialmente estraneo a queste tematiche (lo dico in generale, fatte salve poche lodevoli eccezioni). Riuscirà, per esempio, il Ministro a formalizzare, nelle pieghe di un Governo in scadenza, con un proprio atto la Strategia nazionale contro le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere su cui UNAR ha lavorato e le associazioni hanno offerto il loro contributo? E come si fa a non mettere a confronto l’impegno francese con quello italiano? Negli ultimi cinque anni, per iniziativa del Governo Sarkozy che l’attuale Governo Hollande ha confermato e rilanciato, la Francia si è fatta protagonista dell’iniziativa a livello ONU per la cancellazione del reato di omosessualità, ed ha costituito un fondo (insieme a Norvegia e Olanda) per l’implementazione dei diritti delle persone lgbt nel mondo. E non parlo delle iniziative a livello nazionale, come la prossima approvazione della legge sul matrimonio egualitario, l’approvazione già avvenuta della Strategia nazionale per il superamento delle discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere, e via elencando.(3) Detto questo è bene non dimenticare i limiti degli organismi che si occupano di diritti umani: è sotto gli occhi di tutti come molti tra i paesi che fanno parte della Consiglio per i Diritti umani delle NU – e dello stesso Consiglio d’Europa – pur avendo sottoscritto le Convenzioni a cui tutti ci richiamiamo, se ne infischiano bellamente delle stesse e non solo continuano a sedere in organismi che dovrebbero censurare e denunciare il loro comportamento (qualche volta lo fanno, ma le conseguenze sono meno che blande) ma li dirigono anche e partecipano alle procedure di definizione dei lavori e dei documenti agendo, ormai in modo ufficiale, per limitarne l’applicazione. Si tratta di una realtà ben conosciuta da chi si occupa di diritti umani che negli anni hanno assistono ad una vera e propria escalation delle strategie difensive dei paesi che calpestano le dichiarazioni internazionali. Oggi l’alleanza tra i regimi totalitari e fondamentalisti (le due caratteristiche vanno SEMPRE insieme) è palese sui temi che concernono le libertà personali di donne e persone lgbt, e può contare su una rete di ONG a cui non mancano nè risorse né competenze per limitare, in alcuni casi bloccare e ridurre al ridicolo, gli interventi e l’efficacia dell’azione internazionale. Un tale blocco coeso, saldato dall’influenza pervasiva delle confessioni religiose, cambia radicalmente lo scenario: non è detto che quanto è stato possibile solo due o tre anni fa oggi lo sia altrettanto. Questo rinnovato attivismo contro i diritti umani ha prodotto un autentico cavallo di Troia: la Risoluzione approvata dal Consiglio per i diritti umani il 21 settembre 2012 su una “migliore comprensione” dei valori tradizionali nell’ambito delle attività necessarie per la promozione dei diritti umani è l’atto formale che tenta di dare copertura legale a queste azioni e rappresenta anche visivamente il fronte dei paesi alleatisi sostanzialmente contro i diritti umani. (4) Torno però sul tema dei diritti umani delle persone lgbt ed il ruolo degli organismi internazionali: la constatazione che quando parliamo di diritti delle persone lgbt stiamo parlando di diritti umani (concetto che pare incomprensibile ai politici italiani, ed è entrato non da molto nel dibattito giuridico italiano) è ormai acquisita in questi organismi. Questo è un risultato davvero epocale, che le associazioni lgbt (internazionali, nazionali e locali) devono saper difendere, implementare e utilizzare nel loro lavoro quotidiano. E dobbiamo agli estensori degli Yogyakarta Principles (2007) ed al lavoro di ILGA (e ILGA Europe) innanzitutto, l’azione di pressione e sensibilizzazione costante su questo tema. Per chi crede nel diritto, infatti, questi passi sono fondamentali, niente affatto ultimativi ma essenziali per accompagnare non dico i destini dell’umanità, ma proprio la realtà di tutti i giorni del nostro vivere quotidiano. Si pensi all’impatto che ha avuto la cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle patologie da parte dell’OMS! Il secondo grande risultato ottenuto in questi anni è l’aver ottenuto il pieno riconoscimento delle associazioni lgbt: faceva un certo effetto a Parigi (ma accadrà lo stesso nelle conferenze successive) vedere sullo stesso livello tanti ministri, alti funzionari delle organizzazioni internazionali e delle loro agenzie e i rappresentanti di ILGA Europe, Transgender Europe e molte singole associazioni. Non sono particolarmente sensibile alle manifestazioni di eccessivo giubilo per essere stati finalmente accettati al tavolo dei potenti, ma di certo questo riconoscimento è una opportunità che deve essere utilizzata al meglio. E così è stato a Parigi dove non è stato concesso alcuno sconto ai rappresentanti dei paesi presenti, puntualmente incalzati da fatti e numeri precisi, che spogliati dagli orpelli delle dichiarazioni di principio hanno una forza argomentativa potente. Detto questo come non provare imbarazzo (fastidio e magari qualche cosa in più) quando si ascolta il Ministro della Giustizia della Serbia che “dimentica” che nel suo paese i Pride non si possono svolgere, o quando parla un esponente del governo ucraino (a Parigi nelle vesti di Paese che detiene la presidenza di turno dell’OCSE) che fa finta di non conoscere la politica apertamente discriminatoria del suo Governo? Anche questi sono i limiti della liturgia ONU, solo parzialmente compensata dal fatto che avendo ILGA spinto per far invitare i rappresentanti delle associazioni di quei paesi, le loro signorie han dovuto rispondere (in genere balbettando) alle puntuali argomentazioni presentate. E soprattutto: come non sottolineare la gravità del non essere riusciti a organizzare una Conferenza regionale in Africa? Nessun paese africano se l’è sentita, nemmeno il Sud Africa, che pure co-organizza l’appuntamento di Oslo (e sarà davvero interessante capire come giustificheranno questa ingombrante assenza proprio i sudafricani che furono i primi firmatari della Risoluzione del 15 giugno 2011). Sappiamo che i difensori dei diritti umani in Africa vivono anni difficili, sotto il fuoco incrociato della poca incisività delle organizzazioni istituzionali e gli effetti, devastanti, della propaganda anti colonialista avviata da africani per lo più residenti nei paesi occidentali ed oggi diventata argomento comune sulle labbra di rappresentanti di ONG e Istituzioni. Aver acconsentito a ridurre i diritti umani alla stregua di una qualsiasi strategia di marketing per imporre il modello economico e sociale neo-colonialista è la colpa principale di tutto l’Occidente, che ancora non riesce ad uscire dai propri complessi di colpa per le orrende malefatte del passato. Ed il balbettio di molti degli attivisti e delle organizzazioni su questi temi non fa che legittimare tali tesi, con tutte le conseguenze nefaste che questo comporta. Anche io penso che le strategie di coinvolgimento dei paesi africani debbano far tesoro della storia e delle tradizioni locali. E che dobbiamo fare tutti gli sforzi necessari per oltrepassare il muro che ormai si erge tra culture locali e culture democratiche sui costumi sessuali e le libertà personali. La grande campagna contro le mutilazioni genitali femminili promossa dal Partito radicale transnazionale e transpartito, coronata da un primo importante successo proprio all’ONU, sta lì a dimostrare che è possibile demolire false culture e drammatiche consuetudini. Non è ne facile ne breve, ma è l’unica strada che abbiamo per avviare il cambiamento che possiamo attivare. Anche di questo parleremo a Napoli, durante il VI Congresso dell’Associazione radicale certi diritti, che dedica una tavola rotonda nel pomeriggio di sabato 6 aprile questi temi , nella speranza, anzi nella volontà di trovare le forze per poter continuare le nostre iniziative anche a livello internazionale. (5) Enzo Cucco Presidente Associazione radicale Certi Diritti 28 marzo 2013 (1) http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G11/148/76/PDF/G1114876.pdf?OpenElement (2) Il monitoraggio sull’Italia è disponibile sul sito del centro Risorse lgbt: http://www.risorselgbti.eu/sito_statico/#under2 mentre sul sito di ILGA Europe sono reperibili tutti gli altri documenti: http://www.ilga-europe.org/home/guide_europe/council_of_europe/lgbt_rights/recommendation_com_lgbt (3)intervento del Ministro Fornero e lettera congiunta firmata dalle ministre le trovate qui: http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/primo-piano/2291-aaa (4) anche su questo ricordo che il PRNTT già molti anni fa, quando ILGA non aveva accesso alle sedi internazionali diede spazio non solo ai temi ma agli stessi rappresentanti delle organizzazioni lgbt di rilievo internazionale. (5)Informazioni sul congresso sono rintracciabili su sito dell’associazione radicale certi diritti: http://www.certidiritti.it/notizie/comunicati-stampa/item/1663-vi-congresso-associazione-radicale-certi-diritti

martedì 26 febbraio 2013

FANTAPOLITICA DEI DIRITTI

Smettiamola di piangere (o di ridere che tanto ha lo stesso effetto depressivo) e cerchiamo di ragionare. Ve lo dico subito: il ragionamento che farò è fantapolitica per l’Italia. Non lo sarebbe per tanti altri Paesi, europei e non, dove su diritti i Parlamenti sono in grado di costruire maggioranze trasversali. Si guardi al bell’esempio, in corso, di Gran Bretagna e Francia. Cerchiamo di stare ai fatti: Centro Sinistra e M5S hanno complessivamente 448 deputati e 175 senatori sicuri. Una maggioranza amplissima per approvare quelle riforme che, con qualche sfumatura e un paio di forti eccezioni, questo vasto schieramento condividono. Mi limito alle questioni inerenti l’ambito dei diritti, ovvero quanto ancora è necessario fare per applicare compiutamente l’articolo 3 della Costituzione (e magari anche l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea): parlo del diritto di cittadinanza agli immigrati, della lotta contro i crimini d’odio (non solo omofobia e transfobia), delle politiche antidiscriminatorie in generale e di quelle specifiche per le persone con disabilità, della lotta contro la violenza di genere, per la riforma della legge 40, per la drammatica realtà delle carceri italiane, per la riforma del diritto di famiglia, compreso il riconoscimento delle convivenze e mi spingo fino al matrimonio egualitario. E sono convinto che su certi temi la maggioranza si amplierebbe anche ad alcune personalità del centro destra. Ovvio che l’ “area diritti” non contiene solo temi condivisi e senza contrasto, anzi ….. E le differenze (quanto ci volete scommettere?) saranno tutte concentrate sui temi per i quali il Vaticano è più sensibile. Ma il dato di fatto, direi aritmetico, c’è: non ci hanno spiegato fino allo sfinimento che la politica è una questione di numeri? Sapete perché questo ragionamento non fila in Italia? Perché i partiti, con l’unica eccezione storica dei radicali e di pochi altri, antepongono gli schieramenti e gli interessi di potere ai risultati concreti. Sarà difficilissimo trovare accordi anche sulle questioni più condivise, e gli argomenti saranno: la congiuntura politica, quella istituzionale, quella economica ….. in realtà l’odio feroce e la lotta di potere tra nemici avrà il sopravvento sull’interesse del Paese. Sì, proprio l'interesse del Paese, perché la questione dei diritti è interesse del paese intero, non solo di qualche minoranza più o meno consistente. E state tranquilli che la colpa sarà sempre dell’altro, mai una assunzione di responsabilità, mai un pò di autocritica seria. In tutto questo, come ho spesso detto, i movimenti che si occupano di diritti in Italia sono parte di questo gigantesco problema, e non sono, ne ci vogliono lavorare, la soluzione del problema. Ne sono parte perché ai problemi di schieramento rispondono con soluzioni di schieramento, nei contenuti e nelle alleanze. Ed in queste elezioni ne abbiamo visti un sacco di esempi da manuale di questo tipo. Ma questo è un altro argomento….. Spero di essere smentito. Diversamente prepariamoci ad un paio di anni almeno ancora di traversata del deserto. Lavoro da fare ne abbiamo moltissimo. Enzo Cucco

martedì 5 febbraio 2013

RIDUZIONE DEL DANNO ALLA VATICANA

L'ultima dichiarazione di Mons.Paglia dovrebbe chiarire anche alle famose tre scimiette com orecchie, bocca e occhi tappati, quale sia la vera strategia vaticana in materia di nuovo diritto di famiglia. Ben consapevoli che siamo di fronte ad una evoluzione del diritto non basata sulle fantasie ma sulla realtà che cambia, si cerca disperatamente di correre ai ripari incalzati dalle novità che arrivano da Francia, Gran Bretagna e USA in materia di matrimonio egualitario ed alle conseguenze planetarie che le nuove leggi in quei paesi potrebbero produrre. Senza dimenticare una riflessione all'opinione pubblica, che a percentuali ben superiori al 60%, ormai accetta e riconosce i diritti delle coppie conviventi. La parola d'ordine è sempre stata la stessa: resistere, resistere, resistere, e non concedere nulla su nessun piano, sia pur riconoscendo in punta di diritto (e di carità) che non ci sono motivazioni accettabili per perseguitare le persone omosessuali. Ma per escluderle si. Oggi che le cose stanno cambiando a livello globale ad una velocità che nessuno si poteva immaginare, si concede qualcosa, pare sul piano dei diritti individuali e si continuerà a "far melina" sui diritti connessi alle famiglie, a cominciare dal riconoscimento di quello che la Corte costituzionale, oltre che la società intera, ha dichiarato essere un diritto dovuto. Ovvero il diritto a costruirsi una famiglia e a vedersela riconosciuta dallo Stato. Il Vaticano fa queste considerazioni proprio da un punto di vista globale: fosse solo per l'Italia nulla guasterebbe i sonni di oltretevere. Ma nei paesi a stragrande maggioranza cattolica, e si pensi all'America Latina ed anche all'Irlanda ed all'Austria, non solo da tempo sono state introdotte forme di riconoscimento delle unioni civili, ma la richiesta del matrimonio egualitario è forte e montante, e non per molto riuscirà a resistere nei prossimi anni. Non v'è nessuna novità nelle dichiarazioni di Monsignor Paglia su diritti dei gay, ma solo il tentativo di fare "riduzione del danno". E mi par di scorgere anche un velo di imbarazzo in dichiarazioni che la Chiesa, per storia e cultura, avrebbe dovuto fare decenni fa. E magari ripeterle forte e chiaro nelle sedi ONU e UE dove, al contrario, le alleanze con i peggiori fondamentalismi religiosi e totalitarismi politici hanno prodotto mostruosità come le nuove proposte ugandesi e russe. nessuno però è ancora riuscito a rispondere ad una semplice domanda diritta: diritti si, matrimonio no: e perchè, di grazia? Enzo Cucco 5/2/13

giovedì 17 gennaio 2013

IL TRIO CONTRO L’UGUAGLIANZA

Ora ne abbiamo la certezza: dopo le recenti dichiarazioni di Monti contro il matrimonio egualitario e l’adozione da parte delle coppie dello stesso sesso si è formato un bel terzetto BMB, Berlusconi, Monti e Bersani, divisi su quasi tutto ma d’accordo su questo, senza se e senza ma. Addirittura usando gli stessi termini, che guarda caso (ma è solo un caso, niente paura…) sono gli stessi termini che da circa 10 anni usa il Vaticano. E c’è di più: al di là delle differenti coloriture linguistiche, tutti e tre si dicono d’accordo per riconoscere i diritti dei conviventi, ma in quali forme non è dato sapere. Solo Bersani ha balbettato qualcosa sul modello tedesco, ma è davvero un balbettio. Per il resto mi sembra di aver capito che, a dispetto dei nostri amici ed amiche del PD, il PD stesso stia lavorando ad una civil partnerhip solo per le coppie formate da persone dello stesso sesso, che immaginiamo conterrà tutti i doveri possibili - peraltro già ampiamente attivati per via amministrativa - e pochi diritti. Su quali saranno questi diritti si sta concentrando il massimo di attesa, e di iniziativa, di tutti coloro che si sono arresi all’evidenza di un Vaticano troppo forte per essere sconfitto in campo aperto. E’ chiaro anche a un bambino che la classe politica nazionale su questi temi esprime posizioni sostanzialmente identiche a quelle espresse durante il secondo Governo Prodi. L’unica cosa che cambia è la società italiana che da allora aumenta il proprio consenso sul riconoscimento delle convivenze ormai quasi in forma plebiscitaria e ha da poco raggiunto anche il 50% di assenso sul matrimonio egualitario. Se solo i signori candidati ascoltassero la gente e i sondaggisti, invece che sentire sempre e solo la campana oltre Tevere, magari ci capirebbero qualcosa. E se sono allergici ai sondaggi ed alle campane (cosa che non mi sembra) ci sarebbero sempre le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, le Risoluzioni del Parlamento europeo e le leggi degli altri paesi europei a tracciare l’agenda (il nome gli piace tanto…) dei diritti che ancora mancano nel nostro Paese. Una sbirciata a quei documenti non gli farebbe male. Non credo ci sia molto altro da spremere di più da questa campagna elettorale in materia di diritti delle persone lgbt. Al netto del profluvio delle molte dichiarazioni, roboanti e illusorie, da una parte e dall’altra, per attivare il solito specchietto per allodole che votano. Rimane il ridicolo di un candidato alla presidenza del consiglio (Monti) che si dice esponente di un nuovo centro europeo e che in genere si dimentica dei diritti (all’opposto quindi di quanto accade in tutta Europa, di destra e di sinistra) e quando lo fa è solo per fare il ventriloquo di Rino Fisichella. E la preoccupazione – questa si, davvero grande – di un prossimo Parlamento impegnato a far passare la legge meno irritante possibile per quella minoranza aggressiva, straricca e potente che ha la sua sede legale nello Stato estero denominato Vaticano. Comunque seppiatelo, io non mi arrendo. Se la strategia delle loro signorie è quella di giocare sul disgusto e il disimpegno di chi gli ricorda che stanno giocando con la vita di centinaia di migliaia di persone, e con i diritti umani di tutti e di tutte, si sbagliano di grosso. Io il regalo di non andare a votare non glielo faccio, e nemmeno quello di morire di indignazione e di disimpegno. Sarà difficile, lunga, contorta. E’ molto probabile che subiremo ancora sconfitte e umiliazioni, e non è affatto detto che le stesse arriveranno da quelli che consideriamo avversari. Ma non ne ho alcuna paura, saranno anni intensi e pieni di vittorie, alla faccia della loro real politik. Enzo Cucco Presidente della Associazione Radicale Certi Diritti 17 gennaio 2013