Oggi il sito de Linkiesta ha pubblicato il testo di una mia lettera aperta sul testo della proposta di Legge universalmente conosciuta come DDL Zan. La mia è stata una scelta di interlocuzione precisa perché non mi arrendo al fatto che le balle create dal centro destra (e qualcuna dal centro sinistra) facciano così tanti proseliti tra coloro che si definiscono liberali e dovrebbero condividere principi e procedure. Ovviamente tutto ciò è frutto del mio pensiero e non vuole impegnare in alcun modo la mia associazione di appartenenza (Associazione Radicale Certi Diritti) che ha scelto di non sollevare alcuna questione in pubblico sul testo presentato ma solo di segnalare, nei luoghi deputati, alcuni limiti.
Ho anche scelto di chiedere a Linkiesta di pubblicarmi perché oltre ad avere la massima stima e considerazione della loro produzione, sicuramente oggi è l'organo di informazione riconosciuto da chi si sente del tutto liberale. Non mi azzardo a dire anche libertario, ma questa è un altra storia.Qui la versione pubblicata:
https://www.linkiesta.it/2022/06/ddl-zan-discriminazione-liberali/
E qui il testo originale: come sempre accade la lettera è stata un poco tagliata (ma poco direi, e non nelle sue parti essenziali). E chi vorrà potrà leggere entrambe le versioni.
Grazie mille a Christian Rocca e alla Redazione de Linkiesta. E abbonatevi, conviene! E poi pubblica la mitica Guia Soncini, dai su ....
Care amiche e cari amici liberali,
come sapete il PD pensa di far votare il pdl Zan anche a costo di modificarlo (un po', dicono …). Ma non ci riusciranno, oppure si, ma non si capisce quale sia il limite delle modifiche che verranno accettate visto che le posizioni sembrano lontanissime.
Riprenderà quindi la discussione pubblica su questo testo, e ricomincerà la gara a chi la spara più grossa: già perché le frottole (più o meno fondate) sono all’ordine del giorno dei Parlamenti di tutto il mondo, ma una tale caterva di vere e proprie falsità dette da un coro di cosiddetti esperti raramente l’avevo sentita. Con l’epilogo finale di quell’applauso sfottò che ne sottolineò l’affossamento in Aula.
La parte principale, come accade spesso, è giocata dalle forze di centro destra che hanno ripetuto fino allo sfinimento, e continueranno a farlo, una raffica di bugie pari solo a quelle sputate nella discussione per la Legge sulle Unioni civili. Fuoco di sbarramento che ha come fine ultimo quello di rinviare a data da destinarsi il giorno in cui dell’argomento se ne possa discutere con l’intenzione di risolverlo. Ma due tra queste menzogne sono particolarmente odiose, oltre che false, e guarda caso sono anche quelle che più pescano adepti nell’ambito di coloro che si definiscono, o sono definiti, come liberali.
Mi riferisco innanzitutto alla libertà di espressione, che sarebbe conculcata con questo provvedimento. Da più parti si dimentica che il nodo politico e giuridico è stato risolto durante la discussione sulla cosiddetta Legge Mancino nel lontano 1993 inventando quella cosa difficilissima da applicare, ma necessaria, che è la connessione tra i cosiddetti discorsi di odio e l’istigazione a delinquere. Difficile perché i giudici italiani non sono abituati a queste valutazioni, e la NON applicazione della Legge Mancino ma anche delle misure transitorie contro il fascismo, ne sono la prova lampante fino ad almeno 3 o 4 anni fa. Rileggetevi la conclusione a cui arrivo il Parlamento: vi sembra che la Legge sia riuscita non dico a prevenire ma anche a intercettare il razzismo nostrano, anche quello violento? Non sembra anche a voi che la Legge, soprattutto quella penale, non può, anzi non deve prevenire un reato? E che il razzismo in Italia sia cresciuto e diminuito “a prescindere” da quella Legge?
La seconda balla sesquipedale che si sono bevuti migliaia di persone autenticamente liberali (e non solo ovviamente) è che esista una categoria di persone precisa per il concetto di “identità di genere”, tanto che maldestramente qualcuno propone di cancellare questa definizione per cancellare con un colpo di penna tutti i problemi creati da quelle persone che, appunto, non hanno una identità di genere corrispondente al proprio sesso di nascita. Ora, potrei annoiarvi con tutte le sentenze della Corte di Giustizia, della CEDU, della Corte costituzionale che spiegano che cosa si intende per identità di genere. Ma non lo faccio, bensì vi domando, seriamente, ma come è successo che il concetto di “identità di genere” è diventato sinonimo di persona transessuale? Quando e chi ha fatto questa supposizione? Avere o no “identità di genere” è caratteristica di tutte le persone perché caratteristica costitutiva dell’ identità. Lo dicono le stesse parole: milioni di uomini e di donne, omosessuali o eterosessuali, hanno normalmente una identità di genere senza metterlo in discussione. E’ chi mette in discussione questa identità che bisogna salvaguardare da discriminazioni e violenza, perché i codici dicono che non si può essere vittima a causa del genere di appartenenza, quindi della propria identità. Non mi sembra tanto difficile da capire.
E tutti quegli esempi strampalati che portate per avvertire che questa scelta potrebbe causare danni irreparabili è, appunto, strampalata: cosa è un diritto lo definisce la Legge, e dovrebbe farlo anche con i doveri. Le norme definiscono le categorie di persone che, in base alla propria natura, non possono subire discriminazioni, ma si guardano bene nell’elencare quali siano i diritti e i doveri esercitabili. Perché sanno che questo non soltanto è impossibile ma inutile, il nostro diritto è disseminato di eccezioni. Faccio un esempio banale banale che può servire per il nostro ragionamento: noi abbiamo stabilito che l’età minima per essere eletti alla Camera è di 25 anni, mentre quella per votare è di 18. Perché questa differenza? Non è discriminatoria? La maggior parte di noi risponderebbe automaticamente che “c’è una Legge che lo definisce”: lasciate perdere che la risposta sarebbe più articolata ma di fatto la risposta è giusta. C’è una Legge che lo dice, e per approvare una Legge c’è un processo democratico che passa attraverso la maggioranza del Parlamento. Quindi se la maggioranza del nostro Parlamento crede che l’età per essere eletti debba essere di almeno 25 anni noi tutti dobbiamo adeguarci perché quella decisione rappresenta una regola, sbagliata quanto si vuole ma una regola. Una regola che stabilisce una eccezione ma sempre regola rimane. La si può cambiare? Certo. E questo non è discriminazione! Era discriminazione forse chiedere il cambio della Legge sulla leva obbligatoria, o per l’introduzione del divorzio, o per il riconoscimento di diritti uguali per figli nati dal matrimonio o fuori da esso, in vigenza di norme che dicevano il contrario? Certo che no, e francamente fa un po' specie spiegare queste cose a chi il diritto lo frequenta e lo pratica da prima di me e meglio di me. Il Parlamento e le Corti saranno quindi sollecitate ad intervenire nei casi di eccezione, così come accade per tutti gli altri diritti, e doveri. Palestre, spogliatoi, attività sportive ed ogni altra vostra paturnia compresa.
Infine una odiosissima balla che è molto circolata, e circola ancora, è quella gonfiata ad arte da coloro che credono in questa norma e pensano che senza di essa discriminazione e violenza contro le persone omosessuali o transessuali non siano perseguite. O peggio ancora mettono in relazione i casi che la cronaca registra con la mancata approvazione della Legge, invece che con la frequenza del fenomeno. Non che stia dando dell’ignorante a chi sostiene questa tesi, ma del furfante a chi la cavalca si perché sa che è falsa e tende ad utilizzarla per manipolare la nostra adesione emotiva a un principio (la lotta all’omobilesbotransfobia) senza parlare dei contenuti di questa legge.
Non sono un giurista, e non voglio prolungare più di tanto gli argomenti di questa natura. C’è chi lo ha fatto prima di me e meglio di me. Ma una persona che ha fatto politica liberale per anni ed è tutt’ora un attivista per i diritti delle persone lgbti che continua a non capire come mai tanti e tante liberali cadono in queste trappole. Una delle cose che ho capito è che il confronto con la Legge deve prevedere anche un confronto con la realtà, ed essa è superiore alla Legge, sempre e comunque. Quindi l’argomento che la nostra Legge non prevede questo tipo di reato mi fa un po' ridere: vogliamo parlare degli anni di convivenza del nostro sistema giuridico con quel mostro del “delitto d’onore”?
Consiglio di farsi delle domande basate sulla realtà, e cercare di dare risposte sensate rispetto alla realtà che è molto più vasta del cortile in cui viviamo: esiste una connessione tra discordo di odio e reati o discriminazioni? E se esiste deve essere perseguita questa istigazione per salvaguardare la vittima o anche per salvaguardare l’intera società? E serve una norma penale per salvaguardare questo bene: perché l’assenza di discorsi di odio e quindi delle discriminazioni e della violenza è un bene, no?
Dopo aver risposto a queste domande, guardando la realtà e non i nostri principi (quali che siano) allora arriva una valutazione di efficacia: serve “questa” norma per prevenire o punire simili comportamenti? Prevenire proprio no, e spero di non dover soffermarvi sull’uso preventivo della norma penale. Ma punire? Davvero credete che il nostro diritto sia privo di strumenti per punire tali comportamenti quando incitano alla violenza o alla discriminazione. Se proprio si volesse intervenire sulle norme esistenti poteva essere l’occasione per mettere ordine a quel guazzabuglio di attenuanti e aggravanti, e sulla loro applicazione, che esiste nel nostro ordinamento stabilendo una norma semplice, ovvero una aggravante che deriva direttamente dalla violazione di una norma europea: l’articolo 10 del Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea. Poco? Incompleto? La Carta europea dei diritti fondamentali prevede di più? Certo, ma cominciamo da quello, un passo alla volta.
Perché se sottoponiamo questa proposta ad un esame di efficacia capiremmo subito che non lo è affatto: né per la prevenzione né per la punizione di questo comportamento.
Un ultima riflessione: le balle del centro destra unite alla volgarità di comportamenti e frasi, si è spinta talmente oltre che per il solo gusto di vederli rosicare mi piacerebbe che questa norma passasse. Ma “occhio per occhio e dente per dente” è una balla (anche questa) a cui abbocchiamo tantissimo, ancora. E quindi: se passasse la proposta (così come è scritta) mi faccio una risata. Se non passasse non è un grande problema.
L’omobilesbotransfobia si combatte con altro.
Enzo Cucco
Associazione radicale Certi Diritti
Componente del Direttivo
PS: gli strumenti per agire esistono già, sono stati anche finanziati (poco) dal nostro Stato. E potevano essere attivati e finanziati anche prima per le persone transessuali se solo si fosse applicata la Convenzione di Istanbul in modo compiuto, o la Direttiva europea sulle vittime di reato in modo specifico.
PPSS: con questa lettera mi riferisco soprattutto alle persone liberali, rinviando ad esse il gravoso compito di definire questa descrizione. Una sola cosa ci dovrebbe unire: lo Stato deve stare lontano il più possibile dalle persone e dalla loro vita, e quando deve intervenire è per un interesse generale, e mai con intento punitivo. Che è poi quell’illusione creata dal panpenalismo.
Una lettura (o rilettura) del bellissimo libro di Tommaso Greco, “La Legge della Fiducia”, edito da Laterza, può aiutare.