mercoledì 14 maggio 2014

LA DIFFERENZA TRA LE PAROLE E I FATTI NELLA LOTTA ALLE DISCRIMINAZIONI

Chiedo scusa da subito se questa piccola notarella risulterà pesante e parziale, ma la questione merita, e vi chiedo la pazienza di andare fino in fondo perchè molto di quello che si riuscirà a fare nella lotta contro le discriminazioni in Italia fino al 2020 dipende da come questa vicenda verrà risolta. Allora: forse sapete anche voi che i fondi strutturali (soprattutto Fondo Sociale Europeo, FESR e Fondo per l'Agricoltura) sono le principali fonti di finanziamento per le politiche nazionali. Il FSE è fondamentale per le politiche del lavoro e parte delle politiche dell'istruzione. Nello scorso anno sono stati approvati i regolamenti della nuova programnmazione comuniteria ( qui trovate quello per il FSE: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32013R1304&from=IT , guardate articolo 3, e qui trovate quello per tutti i fondi strutturali http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32013R1303&from=IT , guardate articolo 9) e tutti abbiamo salutato come un grande passo avanti l'approvazione dell'articolo 8 del Regolamento FSE (n. 1304/2013). Lo riporto integralmente, tanto per farvi capire che proprio non si può far finta di non averlo capito: " Gli Stati membri e la Commissione promuovono pari opportunità per tutti, senza discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale, mediante l'integrazione del principio di non discriminazione conformemente all'articolo 7 del regolamento (UE) n. 1303/2013. Attraverso l'FSE gli Stati membri e la Commissione sostengono altresì azioni specifiche nell'ambito delle priorità di investimento definite all'articolo 3 e, in particolare, all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto iii), del presente regolamento. Tali azioni sono volte a lottare contro tutte le forme di discriminazione nonché a migliorare l'accessibilità per le persone con disabilità al fine di accrescere l'integrazione nell'occupazione, nell'istruzione e nella formazione, migliorando in tal modo l'inclusione sociale, riducendo le disuguaglianze in termini di livelli d'istruzione e di stato di salute e facilitando il passaggio da un'assistenza istituzionale a un'assistenza di tipo partecipativo, in particolare per quanti sono oggetto di discriminazioni multiple." E, ancora più chiaramente, lo stesso Regolamento prevede che all'obiettivo tematico di combattere l'eslusione sociale e l'eliminazione "di tutti i tipi di discriminazione" (art. 4 del Regolamento n. 1304/2013) siano dedicate almeno il 20% del totale delle risorse finanziarie a disposizione. Fate un semplice calcolo: una Regione come il Piemonte più o meno avrà a disposizione circa 1 miliardo in sette anni, molto di più le regioni del Sud..... Non che le passate programmazioni non lasciassero spazi per interventi antidiscriminazioni: il Piemonte lo ha fatto, ed anche altre regioni, sempre tenendo in considerazioni la versione più ampia della definizione di descriminazione sulla base dell'art. 19 del TFEU che, per chi non lo sapesse, elenca le ormai famose (o famigerate) aree di potenziale discriminazione entro le quali i Paesi dell'Unione devono operare per rimuoverne le cause. E questo articolo riporta esplicitamente l'orientamento sessuale tra le sei cause. Ma chi si occupa di queste materie sa come la dizione esplicita di questa area tematica consente più direttamente e senza blocchi burocratico-interpretativi l'accesso a questi fondi da parte degli enti gestori, ovvero Ministeri e Regioni. E non stiamo parlando di bruscolini, ma di miliardi che sono le uniche fonti di finanziamento di cui disporremo nei prossimi sette anni. Parte pagati dall'UE, parte dalle Regioni e parte dallo Stato. Comprensibile, quindi, la corsa ad ostacoli di tutte le amministrazioni, centrali e regionali, per infilare dentro alla programmazione prevista ogni tipo di previsione per far si che sia più facile nel futuro finanziare quello e quell'altro. Ed anche molto più che comprensibile che si ritenga la coperta sempre troppo corta, se pensate al mare di problemi che con questi fondi si devono affrontare, dalla lotta alla povertà, alla disoccupazione, ecc. ecc. Ma perchè la lotta tra poveri deve sempre finire con la messa in un angolo delle politiche antidiscriminatorie che con questi fondi possono essere attivate? Visto che altri fondi lo Stato non trova? Seguitemi. Il meccanismo dei fondi strutturali prevede, tra le mille cose, che si approvi tra UE e paesi membri il cosiddetto Accordo di Programma. Solo dopo l'approvazione di questo importante documento sia lo Stato, attraverso i PON, che le Regioni, attraverso i POR, potranno cominciare a investire. L'Accordo di Programma è un documento importante perchè, tra l'altro, usando una specifica previsione dei Regolamenti che parlano di "concentrazione tematica" (articolo 18 del Regolamento n. 1303/2013 ) consente agli stati membri di individuare le priorità dei propri interventi, di fatto scegliendo tra i tanti obiettivi possibili quelli che meglio si adattano al raggiungimento degli obiettivi tematici, e qui dovete leggere in modo incrociato l'art. 9 del Regolamento 1303, soprattutto l'obiettivo 9, e l'articolo 3 del Regolamento 1304. L'Italia ha inviato all'esame dell'Unione Europea una versione di Accordo di Programma (credo sia la seconda) che, guarda caso, ha cancellato insieme a tante altre cose, anche l'obietivo tematico 9.iii) proposto dalle Regioni: "Lotta contro tutte le forme di discriminazione e la promozione di pari opportunità". Le pari opportunità rimangono all'obiettivo 9.i) a con questa formulazione: "inclusione attiva, anche per promuovere le pari opportunità e la partecipazione attiva e migliorare l'occupabilità". Come risulta evidente da chiunque legga il documento dall'obietivo 9 sono stati chirurgicamente tolti tutti i riferimenti alla lotta alla discriminazione, lasciando solo una blanda citazione della questione rom. E badate io mi sto concentrando solo sulla lotta alle discriminazioni, ma il documento potrebbe essere criticato per molte altre cose che mancano. A cascata, se il documento fosse approvato, sia lo Stato che le region si sentiranno autorizzate a NON inserire la lotta a tutte le discriminazioni tra le priorità indicate, mettendo obiettivamente più di un freno a chi nelle regioni e nello stato, intendessero operare con iniziative specifiche. Che significa, tra l'altro, punire il Dipartimento Pari Opportunità e l'UNAR. L'Unione Europea deve esaminare questo documento ed esprimere il suo accordo, ed io spero vivamente che la Commissione usi tutti i suoi mezzi per mettere in evidenza come la lotta a tutte le forme di discriminazione, così chiaramente indicata nei regolamenti, non sia per nulla citata con la stessa chiarezza nell'Accordo di Programma proposto dall'Italia. Certo possiamo consolarci pensando che le regioni virtuose comunque troveranno il modo di inserire iniziative antidiscriminatorie in questo contesto, ma non è questo il miglior modo per facilitare chi rema contro e dare sponda a chi ripete come un mantra che mancano le risorse? Certo possiamo sostenere che le politiche antidiscriminatorie debbano sostenersi con altre risorse, sia europee che nazionali. Ma dove sono queste risorse? E perchè per mesi ci siamo sentiti rispondere dai responsabili nazionali che la fonte d ogni possibile risorsa sarebbe stata quella dei fondi strutturali se poi tentano di nascondere sotto il tappeto questa opportunità? Ed ancora possiamo benevolmente pensare che tutto questo non sia dovuto ad una mente cattiva e discriminatoria, che con dolo abbia operato questa esclusione. Ma se si pensa alle centinaia di milioni che le regioni, soprattutto quelle del Sud, non sono state in grado di spendere in questi anni, ed alla esiguità dei fondi necessari per attivare iniziative virtuose in questo campo (una manciata di milioni contro le centinaia e centinaia di milioni che la formazione professionale drena, tanto per esemplificare ..... ..) vien davvero da pensare che di buone intenzioni è lastricato l'infermo. In altre parole: se questo Accordo di Programma passa in questo modo sarà più difficile in Italia fare investimenti concreti, e non solo parole, nella lotta contro tutte le forme di discriminazioni, soprattutto in ambito lavorativo (ma con importanti possibilità anche in quello dell'istruzione). Credo sia il caso di parlarne. Ministro Poletti e Presidente Renzi: nulla da dichiarare? Enzo Cucco Associazione radicale certi diritti