lunedì 10 dicembre 2012

UNA OCCASIONE DA NON PERDERE

Il 12 dicembre prossimo si svolgerà a Roma la prima riunione del Gruppo nazionale di lavoro LGBT, convocato dall’UNAR per la definizione della Strategia nazionale di prevenzione e contrasto delle discriminazioni nei confronti delle persone LGBT. La Strategia dovrà tentare di applicare la Raccomandazione del Consiglio d’Europa CM/Rec(2010)5 adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio proprio su questo tema. Si tratta di una occasione importante, da non perdere né sprecare, per almeno tre motivi: 1. è la prima volta che le istituzioni italiane tentano di affrontare le questioni lgbt in modo sistemico, e non sporadico e frammentario come nel passato (senza parlare dei decenni in cui non se ne sono occupati del tutto); 2. è la prima volta che le istituzioni italiane attivano un rapporto con le associazioni lgbt attraverso un metodo trasparente, aperto a diversi contributi, centrato su un obiettivo e sotto gli occhi di istituzioni europee di fronte alle quali anche il metodo, e non solo i risultati, saranno valutati; 3. è l’occasione giusta per le associazioni lgbt italiane per costruire, se lo vorranno, una strategia comune (ripeto strategia, non obiettivi comuni o comuni programmi di attività) al fine di ottenere il massimo dall’opportunità offerta che, anche un bambino lo capirebbe, se vedrà le associazioni rapportarsi in ordine sparso con le istituzioni, otterrà davvero poco (c’è da giurarlo…) dal lavoro che ci accingiamo a realizzare. Per comprendere appieno le opportunità di cambiamento che questa occasione offre credo che sia utile prendere in esame il significato della Raccomandazione del COE ed i limiti della stessa. Non c’è ombra di dubbio che la Raccomandazione rappresenti la migliore definizione del quadro complessivo dei diritti delle persone lgbt in Europa oggi. La sua importanza non sta nella precisione con cui i temi sono trattati, ma nell’approccio adottato per la sua elaborazione. Finalmente la misura della diseguaglianza e della mancanza di dignità in cui le persone gay lesbiche transessuali e intersessuali vivono in alcuni paesi è commisurata ai diritti fondamentali di cui, come individui uguali di fronte alla legge, dobbiamo poter godere. In altre parole il Consiglio ha dato sostanza allo slogan “i diritti lgbt sono diritti umani” che sintetizza anni di elaborazione del mondo giuridico e associativo internazionale. Tema ancora molto lontano dal dibattito pubblico italiano, dove non si riesce a smuovere la grande stampa e la classe dirigente dall’atteggiamento di paternalistica accondiscendenza nei confronti di diritti reclamati da una minoranza ormai visibile, non come “gentile concessione” di un paese moderno ma del riconoscimento concreto di diritti, appunto. La Raccomandazione, pur non essendo vincolante come una Convenzione, è stata adottata all’unanimità dei membri del Comitato dei Ministri, ed ha generato un progetto per la sua implementazione, finanziato da Finlandia, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia, Svizzera e UK, che vede come partner Albania, Italia, Montenegro, Polonia, Serbia e Lettonia. Basterebbe questo elemento per dirci quanto la situazione italiana sia presa in grande considerazione nelle istituzioni europee. Questa situazione di “osservata speciale” dell’Italia è ben nota a chi si occupa di diritti umani non solo in ambito lgbt, ed ha fatto si che ILGA Europe scegliesse anche il nostro tra i paesi nei quali sviluppare un primo monitoraggio della Raccomandazione stessa (questa volta insieme a Bosnia, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Georgia, Ungheria, Lituania, Macedonia, Montenegro, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Serbia, Ucraina). Primo monitoraggio che è stato realizzato dal Centro risorse lgbt con la collaborazione di Agedo, Arcigay, Arcilesbica, Famiglie Arcobaleno, Associazione radicale certi diritti e Coordinamento Silvia Rivera, e che può rappresentare una base importante per definire strategie ed attività concrete. Si tenga inoltre conto che nel 2013 il Consiglio d’Europa attiverà un proprio monitoraggio con l’obiettivo di verificare se c’è bisogno di una nuova Raccomandazione sullo stesso tema. Un’altra caratteristica della Raccomandazione è che basandosi sulla Convenzione europea dei diritti umani e sulla giurisprudenza prodotta in questi anni, esclude dai temi trattati alcune questioni importanti, come per esempio quella del matrimonio egualitario, ma ne include talmente tante altre, ed elenca le misure da adottare in modo così preciso che un Piano per l’attuazione della Raccomandazione in Italia necessiterebbe di risorse economiche, basi giuridiche, impegno istituzionale e volontà politiche che davvero fatichiamo a vedere tutte insieme all’orizzonte nella quantità necessaria.. Quali risorse, e quale volontà politica il Governo può mettere in campo in questo momento per definire una Startegia nazionale credibile? Questa è la domanda principale su cui si gioca il senso della riunione del 12 dicembre ( in realtà dobbiamo contare anche la riunione dello scorso 16 febbraio sempre ad opera di UNAR, preparatoria della successiva) ma anche dell’attività stessa dell’UNAR a cui va riconosciuto il grande merito di credere possibile un tale impegno esponendosi su terreni nei quali non possiede alcuna possibilità di intervento reale se non quella che deriva da una capacità di coinvolgimento e indirizzo difficilissima da trovare e da mettere in pratica tra differenti corpi dello stato. Su questo percorso giace come un macigno la necessità, chiaramente indicata dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa, di interventi normativi che non sono ne pochi ne semplici: di quali strumenti si doterà la Strategia nazionale almeno per tentare di influenzare il prossimo Parlamento su questi temi? Ed infine: sapranno le associazioni sfruttare al meglio l’occasione? Le incognite su quest’ultimo punto sono tante, comprese quelle derivanti dalla tentazione di accreditarsi come destinatari di risorse finanziarie, e non come soggetti responsabili di una strategia e coinvolti in un processo che, speriamo, dovrà essere chiaramente definito dall’inizio. Una bella sfida, quindi, quella che abbiamo di fronte. Per le associazioni e per le istituzioni. E per tutti coloro che credono possibile il cambiamento nel nostro paese, anche per i diritti lgbt. Enzo Cucco Presidente Associazione radicale certi diritti 10 dicembre 2012