Finché si è trattato delle solite grida dei soliti ignoti su mirabolanti rivelazioni in merito ai gusti sessuali di noti personaggi pubblici (cosa che ciclicamente da molti anni qualcuno annuncia) non ci ho fatto gran caso. Il pettegolezzo, lo dicono autorevoli studiosi di antropologia, fa parte del nostro essere sociale e fin da quando si ha memoria scritta esso ha accompagnato l’ascesa e la caduta dei potenti di turno. Basta leggere anche solo poche pagine di uno qualsiasi degli storici latini.
Viviamo tempi in cui del pettegolezzo si è fatto mercato, anzi a dire il vero un mercato del genere c’è sempre stato, solo che negli ultimi anni è diventato pubblico e tende ad assumere connotazioni pervasive dei meccanismi della comunicazione, così come della vita pubblica, sotto ogni forma conosciuta. Al punto che quasi non si comprende fin dove la circolazione di pettegolezzo abbia come obiettivo quello di influenzare il potere (possedere la conoscenza, anche dei fatti privati dei nostri avversari, è potere ….) o semplicemente vendere se stesso sul mercato del vouyerismo, sempre più attivo e prolifico.
Con queste premesse ho accolto il nuovo annuncio di scandalo che dovrebbe abbattersi su di noi, anzi sui politici colpevoli di essere omofobi, il prossimo 23 settembre: più o meno con lo stesso grado di attenzione che dedico a una copertina un po’ più urlata di uno dei tanti rotocalchi dedicati al genere.
In breve, però, mi sono reso conto che c’era qualcosa di diverso nell’aria. L’ho capito dalle tante prese di posizioni in liste di discussione e/o sui social network di persone di cui ho stima, che ritengo essere maggiorenni e vaccinate rispetto ai meccanismi del mercato della comunicazione, anche di quella legata al mondo gay, lesbico e transessuale nostrano. Quasi tutte le prese di posizione usavano una bella foglia di fico per coprire la vergogna di ricorrere al pettegolezzo come arma e questa foglia sarebbe la teoria dell’outing politico. Ora, pur sfuggendomi il nome dell’ insigne studioso che ha elaborato siffatta teoria e sospettando che di vera foglia di fico si tratti, mi rivolgo ai soliti 10 lettori di questa nota per proporre qualche riflessione in merito.
Pare, infatti, che la teoria dell’outing politico se ne freghi decisamente dei principi e della storia.
Dei principi perché sembra non potersi applicare a questa teoria ne il vecchio adagio (ahimè mai del tutto attecchito in Italia) che “i fini non giustificano i mezzi” ne quel minimo di pratica non violenta della politica che non si limita solo ad evitare l’uso delle mani o delle pistole, ma anche delle parole. Come se gli ultimi vent’anni della storia italiana non abbiano mostrato a sufficienza le conseguenze di linguaggi violenti.
Della storia perché coloro che predicano l’outing politico si sono bellamente dimenticati che la delazione è stata la peggiore arma contro le persone omosessuali da quando l’omosessualità è stata considerata prima peccato e poi reato. E così, in nome di un infausto “chi di omofobia ferisce di outing perisce” son tutti pronti a giustificare l’uso della delazione contro chi, essendo omosessuale non ha le nostre stesse idee. Infatti il nucleo centrale di tale teoria pare sintetizzarsi nell’affermazione che sarebbe giustificato “sputtanare” una persona che vive segretamente la propria omosessualità nel caso in cui la stessa persona predichi, o voti, contro i diritti delle persone omosessuali. Più o meno come “rivelare” al mondo che un militante anticaccia continua a mangiar le bistecche dopo aver raccolto le firme per un referendum abrogativo.
Francamente mi sfugge la logica di questo ragionamento, e a coloro che si rifanno a questioni di coerenza (di cui gli statunitensi sarebbero maestri, essendo questa teoria dell’outing politico nata da quelle parti) rispondo che in questo caso la coerenza non c’entra proprio nulla perché pur essendo molto probabile che vi sia una relazione tra il vivere nascostamente la propria omosessualità ed essere contro i diritti lgbt, non esiste alcuna relazione logica tra questo e il passaggio successivo dello sputtanamento.
Se non quello della vendetta. E il desiderio di vendetta è molto umano, perché figlio della rabbia, della frustrazione, del senso di impotenza che tutti sentiamo, me compreso, di fronte alla protervia violenta di chi usa dolosamente ignoranza e pregiudizio per negare l’uguaglianza reale, non solo quella formale, delle persone omosessuali.
Quello che non capisco è come mai sia così scarsa la consapevolezza che queste forme di rivalsa sono risposte infantili ad un problema molto serio, che è quello di sottrarre potere a chi oggi lo usa contro di noi. L’infantilismo di questo atteggiamento a me risulta chiarissimo dalla semplice considerazione che a screditare l’immagine del politico omofobo e omosessuale non ci guadagna proprio nessuno, ne tantomeno la causa dei diritti delle persone omosessuali. Ma solo quei furbetti che su questo pettegolezzo lucrano qualcosa, un po’ di visibilità, forse qualche soldino, ma non molto di più.
Insomma, il cosiddetto outing politico prima che essere sbagliato è inutile.
E’ così difficile da capire?
Enzo Cucco
domenica 18 settembre 2011
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