venerdì 16 marzo 2007

DICO PARADOSSI

Spero che la manifestazione del 10 marzo scorso a Roma, ed il modo in cui la carta stampata l’ha rappresentata il giorno dopo, abbia definitivamente aperto gli occhi di tutti coloro che credono nella necessità di riconoscere diritti alle unioni di fatto. Intendiamoci, io ritengo che la manifestazione fosse necessaria e che abbia raggiunto almeno tre dei suoi obiettivi:
  1. sostenere quanti nel Governo e in Parlamento credono sinceramente nella necessità di questa riforma, e di questo c’era bisogno;
  2. ricreare unità di intenti tra le anime del movimento, cosa che ha dello straordinario, vista l’assoluta insufficienza della proposta di governo e la cronica, permanente litigiosità;
  3. riproporre al grande pubblico le ragioni della necessità di garantire pari opportunità per le coppie non sposate.

Ma in piazza abbiamo avuto i soliti noti, e la stampa del giorno dopo, chi più chi meno, ha dato ampio spazio ad una trasgressione che non c’era, rendendo eroi per un giorno Mastella e la gerarchia cattolica nell’inedito ruolo di vittime.

In altre parole: con la manifestazione non abbiamo fatto nessun reale passo in avanti, anzi abbiamo misurato una volta di più il limite della nostra azione che, per molte ragioni, non è riuscita ad andare oltre alla cerchia delle forze politiche su cui già sapevamo di poter contare.

Questo risultato non è ascrivibile alla volontà degli organizzatori della manifestazione: è stato giusto farla, e la si poteva fare solo così, ma dobbiamo guardare in faccia una realtà che certifica, senza ombra di ulteriore smentita, le scarsissime possibilità che il Parlamento approvi anche quel poco di diritti che la proposta di governo prevede. Possibilità che ulteriormente diminuiranno dopo la prossima manifestazione clerical-cattolica in favore della famiglia tradizionale, dove certo non mancheranno decine di migliaia di persone e politici di tutti gli schieramenti.

Che fare? Io son tra quelli che pensa che far politica significa costruire il possibile, non sognare l’impossibile, ed è questo il motivo per cui, pur essendo tra i sottoscrittori del manifesto per l’uguaglianza dei diritti ( www.matrimoniodirittogay.it ) e turandomi non poco il naso, penso che i DICO son il meglio che la realtà italiana consente oggi. Non sono tra quelli che pensano che si debba rifiutare anche solo questa possibilità, ne tra quelli (e francamente non ne vedo molti) che sperano nel prossimo Parlamento …

Il paradosso che non abbiamo voluto affrontare, già all’indomani del voto elettorale, è che in questa legislatura i nostri principali interlocutori avrebbero dovuto essere le forze del centro destra, o perlomeno coloro che in quello schieramento hanno manifestato posizioni più aperte sul riconoscimento die diritti delle unioni di fatto. Non era forse questa l’unica alternativa all’enorme potere di veto che un pugno di senatori del centro sinistra ligi al dettato della gerarchia cattolica possiede? Non era forse questa l’alternativa alla strategia (vincente, quanto vincente…!) della Margherita, che ha giocato come il gatto col topo, riducendo mese dopo mese valore e importanza della proposta di governo?

Il guaio è che i margini per lavorare nella direzione di coinvolgere parti del centro destra sono ormai risicati. I flebili appelli alla libertà di coscienza ed al dialogo che con timidezza alcuni esponenti del centro sinistra lanciano verso il centro destra rischiano di essere non la manifestazione di una strategia seria e trasparente ma solo il primo passo di una azione di sganciamento degli stessi partiti dalla proposta dei DICO. Un modo per tentare di scaricare la responsabilità del fallimento sul Parlamento e sulle forze politiche che lo compongono.

Il paradosso che ci troviamo di fronte oggi, invece, è che non abbiamo altri interlocutori che gli stessi che ci hanno seguito fino qui: è a loro che dobbiamo chiedere di operare seriamente in parlamento per creare il consenso necessario per approvare questa riforma. Ed operare seriamente significa crederci, mettersi in gioco, andare oltre ai limiti di maggioranza, fare veramente una azione di lobby parlamentare seria, trasversale, pronta al dialogo, e quindi alla mediazione. Recuperare l’errore fatto di aver voluto forzare la mano del Parlamento (dove già si sapeva che maggioranza non c’era) con una proposta governativa e ricominciare, praticamente da zero, con un accordo tra i partiti che siedono in parlamento.

So bene che questa è la strada più difficile: non vedo all’orizzonte nessuna “Vicenza” per le unioni civili, nessuna reale forzatura nella direzione di approvare i DICO che venga da quelle forze che fino ad oggi (RC, PDCI, VERDI) hanno ottenuto di più da questo governo.

L’unica cosa che non ci serve, oggi, sono i massimalisti, di destra e di sinistra, che pure allignano copiosi tra gli italici gay (forse un po’ meno tra le lesbiche e i trans). Quelli che invece di guardare la realtà italiana per quello che guardando la luna e non il dito, si rifugiano nelle solite polemiche contro fantomatiche egemonie e antidemocraticità dell’Arcigay, o se la ridono perche’ il governo delle sinistre non porta a casa nessun risultato concreto sul terreno dei diritti e della laicità.
C’è poco da ridere, molto poco.

Enzo Cucco
16/3/2007
http://gayindependent.blogspot.com/

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