Una delle cose che mi ha più colpito durante il Torino Pride 2009 è la partecipazione di volontari e volontarie all’organizzazione. Non so se qualcuno li ha contati ma sicuramente siamo a poco meno di 100 tra tutti e tutte coloro che hanno regalato almeno un paio d’ore di lavoro gratuito nelle tre settimane che hanno preceduto la manifestazione del 16 maggio. E se non sbaglio per la maggior parte di costoro il nostro è stato il primo Pride.
Tutto questo è già successo con il Torino Pride 2006, in dimensione anche maggiore, ed alcuni di coloro che si avvicinarono a quel Pride hanno continuato a lavorare con le associazioni esistenti, o addirittura costituendo di nuove.
Questo vuol dire che i Pride torinesi hanno assolto ad una delle loro principali funzioni, assumendo sempre più significato per una fascia di popolazione omosessuale e transessuale ben più ampia di quella di per se sensibile ai temi politici e sociali.
Il carattere di festa che questo evento ha sviluppato negli anni ha molto aiutato questa diffusione. Il fatto stesso che molti dei nuovi volontari/e siano arrivati dagli ambienti delle discoteche e da facebook, può voler dire che il muretto tra mondo del divertimento e mondo della politica, almeno per le persone lgbt, si stia un po’ sgretolando.
Questa novità è importante per molti motivi, non ultimo quello legato alla costruzione di un sentimento di appartenenza ad una comunità - che vada più in là dei propri partner sessuali – ch questo comporta. Se tra i luoghi del divertimento ed i luoghi della politica, ma anche con quelli della cultura, c’è osmosi significa che aumenta il livello di consapevolezza e responsabilizzazione complessivo della popolazione omosessuale sui suoi diritti, individuali, di coppia e collettivi.
Credo in particolare, che proprio una città come Torino, ove l’osmosi tra questi mondi si è sperimentata soprattutto negli anni tra il 1978 e il 1982 con l’esperienza della discoteca - poi bar - gestiti direttamente dal Fuori!, e con il Festival del cinema lgbt, abbia molto da dire su questo aspetto del rapporto tra movimento politico e mondo omosessuale. E forse non è un caso che proprio in quegli anni si celebrarono i primi Pride di piazza in Italia, a Torino…
La sensazione che ho avuto con il Pride 2009 è che il grado di consapevolezza sul valore sociale e politico del Pride, non solo quello festaiolo-liberatorio, sia stato più alto che nel passato. Se la mia sensazione è vera – ed è stata confermata da molti dei membri del Coordinamento con cui ho parlato in questi giorni – è compito dei gruppi comprendere questo fenomeno e valorizzarlo appieno.
Accettare che le persone partecipino ad attività sociali e politiche senza chieder loro adesione a modelli predefiniti, ed anzi valorizzarle per quello che possono esprimere, è un cambio di passo fondamentale che coloro che hanno a cuore la vita sociale, culturale e politica della comunità lgbt (in altre parole la stessa costruzione della comunità ) non possono non compiere: la comunità, infatti, vive quando è libera, e quando ciascuno di coloro che ne è chiamato a far parte riesce ad esprimere se stesso nei modi e nei tempi che ritiene più naturali. Il modello militante che noi incarniamo non è ne l’unico né il migliore, né tantomeno lo deve diventare.
E’ così che si crea quell’humus entro il quale nasceranno (magari son già nati) i nuovi leader del movimento. Coloro che sono da più anni sulla cresta dell’onda devono sentire questa responsabilità: lasciar crescere e responsabilizzare forze nuove. Quello che noi possiamo fare (perché l’esperienza conta, eccome se conta…) è di cercare il Lambda Factor che è in loro, quell’elemento in più, difficile da definire, che trasforma una persona da sensibile politicamente e socialmente, a leader. Siamo capaci di vederlo in Lambda Factor in coloro che ci stanno a fianco?
Enzo Cucco
http://gayindependent.blogspot.com/
PS: Lambda è una lettera dell’alfabeto greco, iniziale di un verbo che significa liberare, liberarsi, sciogliere. Non a caso il movimento degli anni ‘70 ha scelto questa lettera come uno dei suoi simboli: liberarsi dalle catene che la società ci ha imposto, ma soprattutto liberarsi dalle nostre catene interiori, figlie dei sensi di colpa, dell’autocensura e del nascondimento a cui spesso ci autocondanniamo.
sabato 23 maggio 2009
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