lunedì 27 maggio 2013

NON ABBIAMO BISOGNO DI UNO ZIO TOM GAY

La lettera di Davide Tancredi apparsa in prima pagina su Repubblica del 25 maggio scorso si presta a molte considerazioni. Le prime delle quali nascono dalla lettura di quei passi dove si sostiene che “Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali “ e “siamo solo sfortunati partecipi di un destino volubile”. Sarà pure semplicistico, ma non credo di andare troppo lontano dal vero nell’affermare che questo atteggiamento è proprio uno dei frutti peggiori dell’ignoranza e del pregiudizio antiomosessuali, che generano complessi di colpa e inferiorità del tutto ingiustificati. Così come non credo sia il caso di discutere quanto questa lettera sia rappresentativa della realtà degli adolescenti gay lesbiche e transessuali italiani: a me sembra che anche nel nostro Paese, malgrado la sua classe dirigente, gli adolescenti di oggi possano affrontare la crisi di accettazione con strumenti che nel passato nemmeno ci sognavamo. La domanda, però, che mi pongo è un’altra: perché Repubblica ha deciso di dare così rilievo a questa lettera? Incrociando le reazioni alla stessa con le battute (chiamarlo dibattito mi sempre davvero eccessivo) di alcuni esponenti PDL sull’incapacità di qualche cattolico ad “aprirsi” sui diritti dei gay? Ovviamente la scelta di pubblicare la lettera in prima pagina, e di sostenere il dibattito che da essa è scaturito sia sul web che sulla carta stampata, non deriva solo dalla lettera stessa. C’è stata una scelta editoriale che ha puntato sull’enfasi per un caso che suscita (o dovrebbe farlo) pietà nel senso nobile del termine e, di conseguenza, interventi legislativi “sui diritti dei gay”. Scelta che evidentemente ritiene che il “problema” stia in quei cattolici (quanti? dove?) che si oppongono a questi diritti e non nella incapacità della classe politica (io dico nella classe dirigente di questo paese, giornalisti inclusi) di sostenere i principi in cui si crede. Innanzitutto quello di uguaglianza e dignità di ogni persona umana, così come dice la nostra Costituzione. L’esempio francese, infatti, è chiarissimo nel mettere in evidenza che lì la maggioranza del Parlamento (che su questa materia coincide con la maggioranza del Paese) non si è fatta bloccare da una minoranza. L’Italia ha già affrontato situazioni simili, e non solo nel caso del divorzio e dell’aborto, ma mai come in questi anni il fronte dei no si è affermato fuori dagli strumenti della democrazia formale, utilizzando invece largamente l’influenza lobbistica tradizionale e gli strumenti di comunicazione di massa. Sembra quindi che Repubblica abbia deciso che per scalfire questo blocco culturale si debbano usare gli strumenti della pietà, dei sentimenti, delle emozioni che generano empatia nei confronti delle vittime. Una specie di strategia dello “zio Tom gay”. Niente di nuovo, e niente di male in realtà, fino a che si mostra la verità dei fatti e si racconta la storia di milioni di uomini e donne, delle loro famiglie e dei loro figli. Ma con quale obiettivo? Convincere i cattolici che i giovani gay soffrono tanto e quindi hanno bisogno di una legge sull’omofobia? Chiedere una legge sulle unioni civili (di per sé già discriminante come scelta) e poi beccarsi una legge sui diritti delle coppie gay? Come se i diritti delle persone gay lesbiche e transessuali non fossero altro che diritti umani, fondamentali e primari rispetto ad ogni altra considerazione? Ho un grande rispetto per i sentimenti umani, e la pietà può essere uno straordinario motore di empatia, di comprensione ed anche di condivisione. Ma sulle questioni che riguardano i diritti umani penso che sia meglio ricordarselo che sono tali. E che gli stessi non sono concessi per pietà, ma dovuti per giustizia. Enzo Cucco 28 maggio 2013

sabato 4 maggio 2013

BIANCOFIORE, LETTA E LA NORMALITA'

Nel comunicato ufficiale del Governo si riporta solo il cambio di "compiti" per Micaela Biancofiore, senza indicarne le motivazioni. Le solite fonti "di Palazzo Chigi" citate dall'Ansa parlano di "rottura delle regole di ingaggio", ovvero si è trattato di una caduta di stile fuori dal recinto della sobrietà indicato da Letta. Comunque nemmeno le indiscrezioni citano mai le affermazioni pregresse della signora in questione, bensì l'aver rilasciato una intervista a Repubblica a commento delle polemiche sulle stesse dichiarazioni. Stiamo quindi parlando di motivi formali, non della sostanza delle cose che, a dispetto di quello che molti pensano, secondo me non sta nelle cose dette (dalla Biancofiore intendo) ma nella evidente incompatibilità tra persona prescelta e "compiti" da svolgere. Comunque la scelta di Letta chiude il gioco. Anche se: 1. è probabile che entro le prossime 24 ore si levino i corifei della leggenda metropolitana sul potere della lobby gay, con tanto di richiamo alla libertà di espressione. I maggiori indizi ci fanno guardare dalle parti dei tre spadaccini della conservazione, i soliti Roccella-Ferrara-Galli della Loggia. Ma anche i più volgarotti Gasparri e Giovanardi hanno le competenze giuste per intervenire sulla materia. Spero di non avere ragione. 2. E' altrettanto evidente che la velocità dell'intervento di Letta è anche dovuta (anche, non solo) al fatto che in questo momento storico (direi gli ultimi cinque/sei anni) tutto quello che ha a che fare con le polemiche sui gay, lesbiche e transessuali (non su di loro ma sulle polemiche su loro) ha una evidenza mediatica molto molto alta. E che sia a livello nazionale che a livello internazionale (soprattutto direi) il Governo sarebbe stato costretto a rincorrere l'ultima delle gaffes della sottosegretaria per mesi. 2. Sarebbe mai stato possibile un caso "Biancofiore" per il ministero dell'economia, della giustizia, degli esteri? Perchè il criterio dell'esperienza e della competenza deve valere solo sulle questioni "serie" e per le altre va tutto bene madama la marchesa? 3. Mara Carfagna è stata una felice eccezione: gaffes e impreparazione non mancavano ma ha lavorato, ascoltato e studiato, e poi ha fatto le sue scelte. Un Governo così fragile (secondo me tutti i Governi ... ) non dovrebbero giocare mai d'azzardo sulla scelta di ministri e sottosegretari. Non solo per le brutte figure possibili, ma anche per il blocco dell'attività amministrativa, ed in certi casi anche lo stravolgimento immotuivato di sceklte strategiche e programmi, che dalla loro elezione può scaturire. 4. La scelta di Letta sarebbe come un "donna avvisata mezzo salvata". Ma ha senso come metodo di governo del governo? E soprattutto che senso ha dare come punizione il cambiamento dei compiti? Bohhh. 5. Nessuno ha notato che, in buona sostanza sulla questione generale Micaela Biancofiore ripropone esattamente quello che Berlusconi, Bersani, Monti, Carfagna, Finocchiaro, perfino Giovanardi e Rutelli han sempre affermato: niente matrimonio si ai diritti. Questa similitudine mi sembra molto più significativa della "diversità" di stile e dei comportamenti. In queste cose sono imperdonabilmente materialista, e le frasi ad effetto (negativo o positivo che siano) sono solo il trucco e parrucco dello spettacolo che va in scena. In buona sostanza nel caso Biancofiore mi colpisce molto di più l'assuefazione generale all'anormalità di fare nomine in questo modo che la normalità del gesto di riparazione di Letta. Ora sarebbe utile cominciare a discutere seriamente di pari opportunità, di diritti e doveri, di lotta alle discriminazioni in questo Paese. A partire dalla sostanza, ovvero dalla fragilità giuridica degli interventi (l'assenza di norme) e dal rischio implosione che le strutture organizzative preposte rischiano. UNAR in primis. Enzo Cucco Associazione radicale certi diritti 4 maggio 2013

venerdì 3 maggio 2013

UN PAPA UN PO PIU' SILENZIOSO E LE RONDINI CHE NON FANNO PRIMAVERA

Avete notato il silenzio del Papa durante il rush finale del Parlamento francese per il matrimonio egualitario? Per Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è stato molto diverso: sulle questioni connesse alla morale, in particolare alla morale sessuale, l'interventismo comunicativo, sia pre che post, è stato costante, martellante, ben oltre la pura presa di posizione. E credo proprio che di fronte a quanto è accaduto in quel Parlamento (direi in quella società) non sarebbero certo rimasti silenzioni. Invece Papa Francesco nulla. Delle due l'una: o il Vaticano ha valutato che essendo la legge certamente approvata sarebbe stato inutile esporsi oltre un certo limite contro Parlamento e Governo francesi (molto probabile) o è vero quanto pronosticavano molti su un papato meno interventista sulle scelte degli Stati e forse anche sulle questioni connesse alla morale sessuale. Questo non significa che il resto dei cardinali, vescovi e monsignori non si esprimano più che liberamente sull'argomento ad ogni piè sospinto. E nemmeno che la posizione ufficiale della Chiesa sia cambiata o che non ci si debba aspettare prese di posizione e condanne. Tutt'altro. Ma, pur continuando a pensare che una rondine, per giunta silenziosa, non faccia primavera, tendo a interpretare questo silenzio come un segno. Almeno del cambio di passo del rapporto tra Papato (non oso nemmeno dire ancora tra Vaticano o Chiesa) e società. Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, mi basterebbe questo. E sarebbe già un grande, ma grande passo avanti per l'Italia. C'è da sperarci? Enzo Cucco Associazione radicale certi diritti 3 maggio 2013