giovedì 28 marzo 2013

SUL FUTURO DEI DIRITTI UMANI DELLE PERSONE LGBT NEL MONDO. LIMITI E OPPORTUNITA' DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI.

Il 26 marzo 2013 si è svolta a Parigi la Conferenza sui diritti delle persone lgbt in Europa, organizzata dal Governo francese con la collaborazione del Governo polacco. Quella di Parigi, insieme alle prossime due di Brasilia e Katmandu, rappresentano le conferenze regionali promosse dall’ONU per monitorare l’andamento della Risoluzione 17/19 adottata dal Consiglio per i Diritti Umani il 15 giugno 2011 (1) , prima in assoluto prodotta da questo organismo sul tema della prevenzione e contrasto delle discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere. Il 15 e 16 aprile prossimi ad Oslo (organizzazione a carico di Governo norvegese e Governo sudafricano) ci sarà la conferenza finale, che dovrà sintetizzare le indicazioni pervenute dalle conferenze regionali. Dopo questo appuntamento le procedure di monitoraggio e revisione continueranno in seno al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite per verificare la possibilità di reiterare la Risoluzione, eventualmente modificandola e implementandola. Giova ricordare che questo percorso va in parallelo con quello attivato dal Consiglio d’Europa per la Raccomandazione sugli stessi temi adottata dal proprio Comitato dei Ministri nel 2010: finito il monitoraggio indipendente realizzato da ILGA Europe (2), e quasi concluso quello ufficiale del Consiglio stesso, sembra che entro l’anno si dovrebbero avere conclusioni in merito alla revisione, e l’eventuale ri-adozione da parte del Comitato. Questa Raccomandazione non va sottovalutata: certo non ha la forza di una vera e propria Convenzione, ma è stata sottoscritta da tutti i ministri europei e – soprattutto – i suoi contenuti sono saldamente ancorati nella giurisprudenza della CEDU che, per effetto di principi giuridici ormai acquisiti, hanno influenza diretta sulla giurisprudenza dei paesi che ne riconoscono la giurisdizione. Spesso lo dimentichiamo ma la sentenza della Corte Costituzionale e le sentenze della Corte di Cassazione italiane sui diritti delle coppie conviventi dello stesso sesso, non sarebbero state possibili senza precedenti pronunciamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia dell’Unione europea . I risultati della Conferenza di Parigi (come delle altre conferenze regionali) sono sostanzialmente il riassunto delle questioni ancora aperte (moltissime) che le associazioni coinvolte hanno ampiamente documentato. Non ci sono state, quindi, conclusioni politiche, anche se lo stesso giorno è stata resa nota una lettera aperta, firmata congiuntamente dalla ministra francese, da quella belga e da quella italiana, che esorta i paesi e le organizzazioni a non abbassare la guardia nella lotta per i diritti umani delle persone lgbt, e contro ogni forma di sessuofobia, omofobia e transfobia. Una encomiabile dichiarazione pubblica che si aggiunge ai molti appelli di altissimo livello e di bassissimo impatto concreto (per il momento) che negli ultimi sei mesi si sono succeduti, da Ban-ki-Moon in giù (o in su, scegliete voi). Anche l’inattesa presenza del Ministro Fornero (inattesa dai pochi italiani presenti come da tutte le altre associazioni europee) può essere interpretata come il bicchiere mezzo pieno o come quello mezzo vuoto: io non avevo, e non ho, alcun dubbio sulla sincerità delle parole e dell’impegno personale del Ministro. Ma non possiamo non constatare che i risultati son pochi, e certo non aiuta aver dovuto lavorare con un parlamento sostanzialmente estraneo a queste tematiche (lo dico in generale, fatte salve poche lodevoli eccezioni). Riuscirà, per esempio, il Ministro a formalizzare, nelle pieghe di un Governo in scadenza, con un proprio atto la Strategia nazionale contro le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere su cui UNAR ha lavorato e le associazioni hanno offerto il loro contributo? E come si fa a non mettere a confronto l’impegno francese con quello italiano? Negli ultimi cinque anni, per iniziativa del Governo Sarkozy che l’attuale Governo Hollande ha confermato e rilanciato, la Francia si è fatta protagonista dell’iniziativa a livello ONU per la cancellazione del reato di omosessualità, ed ha costituito un fondo (insieme a Norvegia e Olanda) per l’implementazione dei diritti delle persone lgbt nel mondo. E non parlo delle iniziative a livello nazionale, come la prossima approvazione della legge sul matrimonio egualitario, l’approvazione già avvenuta della Strategia nazionale per il superamento delle discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere, e via elencando.(3) Detto questo è bene non dimenticare i limiti degli organismi che si occupano di diritti umani: è sotto gli occhi di tutti come molti tra i paesi che fanno parte della Consiglio per i Diritti umani delle NU – e dello stesso Consiglio d’Europa – pur avendo sottoscritto le Convenzioni a cui tutti ci richiamiamo, se ne infischiano bellamente delle stesse e non solo continuano a sedere in organismi che dovrebbero censurare e denunciare il loro comportamento (qualche volta lo fanno, ma le conseguenze sono meno che blande) ma li dirigono anche e partecipano alle procedure di definizione dei lavori e dei documenti agendo, ormai in modo ufficiale, per limitarne l’applicazione. Si tratta di una realtà ben conosciuta da chi si occupa di diritti umani che negli anni hanno assistono ad una vera e propria escalation delle strategie difensive dei paesi che calpestano le dichiarazioni internazionali. Oggi l’alleanza tra i regimi totalitari e fondamentalisti (le due caratteristiche vanno SEMPRE insieme) è palese sui temi che concernono le libertà personali di donne e persone lgbt, e può contare su una rete di ONG a cui non mancano nè risorse né competenze per limitare, in alcuni casi bloccare e ridurre al ridicolo, gli interventi e l’efficacia dell’azione internazionale. Un tale blocco coeso, saldato dall’influenza pervasiva delle confessioni religiose, cambia radicalmente lo scenario: non è detto che quanto è stato possibile solo due o tre anni fa oggi lo sia altrettanto. Questo rinnovato attivismo contro i diritti umani ha prodotto un autentico cavallo di Troia: la Risoluzione approvata dal Consiglio per i diritti umani il 21 settembre 2012 su una “migliore comprensione” dei valori tradizionali nell’ambito delle attività necessarie per la promozione dei diritti umani è l’atto formale che tenta di dare copertura legale a queste azioni e rappresenta anche visivamente il fronte dei paesi alleatisi sostanzialmente contro i diritti umani. (4) Torno però sul tema dei diritti umani delle persone lgbt ed il ruolo degli organismi internazionali: la constatazione che quando parliamo di diritti delle persone lgbt stiamo parlando di diritti umani (concetto che pare incomprensibile ai politici italiani, ed è entrato non da molto nel dibattito giuridico italiano) è ormai acquisita in questi organismi. Questo è un risultato davvero epocale, che le associazioni lgbt (internazionali, nazionali e locali) devono saper difendere, implementare e utilizzare nel loro lavoro quotidiano. E dobbiamo agli estensori degli Yogyakarta Principles (2007) ed al lavoro di ILGA (e ILGA Europe) innanzitutto, l’azione di pressione e sensibilizzazione costante su questo tema. Per chi crede nel diritto, infatti, questi passi sono fondamentali, niente affatto ultimativi ma essenziali per accompagnare non dico i destini dell’umanità, ma proprio la realtà di tutti i giorni del nostro vivere quotidiano. Si pensi all’impatto che ha avuto la cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle patologie da parte dell’OMS! Il secondo grande risultato ottenuto in questi anni è l’aver ottenuto il pieno riconoscimento delle associazioni lgbt: faceva un certo effetto a Parigi (ma accadrà lo stesso nelle conferenze successive) vedere sullo stesso livello tanti ministri, alti funzionari delle organizzazioni internazionali e delle loro agenzie e i rappresentanti di ILGA Europe, Transgender Europe e molte singole associazioni. Non sono particolarmente sensibile alle manifestazioni di eccessivo giubilo per essere stati finalmente accettati al tavolo dei potenti, ma di certo questo riconoscimento è una opportunità che deve essere utilizzata al meglio. E così è stato a Parigi dove non è stato concesso alcuno sconto ai rappresentanti dei paesi presenti, puntualmente incalzati da fatti e numeri precisi, che spogliati dagli orpelli delle dichiarazioni di principio hanno una forza argomentativa potente. Detto questo come non provare imbarazzo (fastidio e magari qualche cosa in più) quando si ascolta il Ministro della Giustizia della Serbia che “dimentica” che nel suo paese i Pride non si possono svolgere, o quando parla un esponente del governo ucraino (a Parigi nelle vesti di Paese che detiene la presidenza di turno dell’OCSE) che fa finta di non conoscere la politica apertamente discriminatoria del suo Governo? Anche questi sono i limiti della liturgia ONU, solo parzialmente compensata dal fatto che avendo ILGA spinto per far invitare i rappresentanti delle associazioni di quei paesi, le loro signorie han dovuto rispondere (in genere balbettando) alle puntuali argomentazioni presentate. E soprattutto: come non sottolineare la gravità del non essere riusciti a organizzare una Conferenza regionale in Africa? Nessun paese africano se l’è sentita, nemmeno il Sud Africa, che pure co-organizza l’appuntamento di Oslo (e sarà davvero interessante capire come giustificheranno questa ingombrante assenza proprio i sudafricani che furono i primi firmatari della Risoluzione del 15 giugno 2011). Sappiamo che i difensori dei diritti umani in Africa vivono anni difficili, sotto il fuoco incrociato della poca incisività delle organizzazioni istituzionali e gli effetti, devastanti, della propaganda anti colonialista avviata da africani per lo più residenti nei paesi occidentali ed oggi diventata argomento comune sulle labbra di rappresentanti di ONG e Istituzioni. Aver acconsentito a ridurre i diritti umani alla stregua di una qualsiasi strategia di marketing per imporre il modello economico e sociale neo-colonialista è la colpa principale di tutto l’Occidente, che ancora non riesce ad uscire dai propri complessi di colpa per le orrende malefatte del passato. Ed il balbettio di molti degli attivisti e delle organizzazioni su questi temi non fa che legittimare tali tesi, con tutte le conseguenze nefaste che questo comporta. Anche io penso che le strategie di coinvolgimento dei paesi africani debbano far tesoro della storia e delle tradizioni locali. E che dobbiamo fare tutti gli sforzi necessari per oltrepassare il muro che ormai si erge tra culture locali e culture democratiche sui costumi sessuali e le libertà personali. La grande campagna contro le mutilazioni genitali femminili promossa dal Partito radicale transnazionale e transpartito, coronata da un primo importante successo proprio all’ONU, sta lì a dimostrare che è possibile demolire false culture e drammatiche consuetudini. Non è ne facile ne breve, ma è l’unica strada che abbiamo per avviare il cambiamento che possiamo attivare. Anche di questo parleremo a Napoli, durante il VI Congresso dell’Associazione radicale certi diritti, che dedica una tavola rotonda nel pomeriggio di sabato 6 aprile questi temi , nella speranza, anzi nella volontà di trovare le forze per poter continuare le nostre iniziative anche a livello internazionale. (5) Enzo Cucco Presidente Associazione radicale Certi Diritti 28 marzo 2013 (1) http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G11/148/76/PDF/G1114876.pdf?OpenElement (2) Il monitoraggio sull’Italia è disponibile sul sito del centro Risorse lgbt: http://www.risorselgbti.eu/sito_statico/#under2 mentre sul sito di ILGA Europe sono reperibili tutti gli altri documenti: http://www.ilga-europe.org/home/guide_europe/council_of_europe/lgbt_rights/recommendation_com_lgbt (3)intervento del Ministro Fornero e lettera congiunta firmata dalle ministre le trovate qui: http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/primo-piano/2291-aaa (4) anche su questo ricordo che il PRNTT già molti anni fa, quando ILGA non aveva accesso alle sedi internazionali diede spazio non solo ai temi ma agli stessi rappresentanti delle organizzazioni lgbt di rilievo internazionale. (5)Informazioni sul congresso sono rintracciabili su sito dell’associazione radicale certi diritti: http://www.certidiritti.it/notizie/comunicati-stampa/item/1663-vi-congresso-associazione-radicale-certi-diritti