sabato 14 giugno 2008

Brutte notizie dall’Irlanda

La vittoria del no nel referendum sul Trattato di Lisbona in Irlanda è una brutta notizia per le persone gay, lesbiche e transessuali in Italia. Perché?

Bisogna ricordare che il Trattato di Lisbona è il compromesso raggiunto tra i paesi membri per sostituire la Costituzione europea bocciata dai referendum francese e olandese. Pur essendo un compromesso al ribasso su molte questioni anche fondamentali, il Trattato richiama esplicitamente (pur non integrandola come aveva fatto la Costituzione) la Carta dei diritti fondamentali del’Unione europea, che contiene i principi di uguaglianza e non discriminazione a cui in questi anni si è sempre fatto riferimento nelle iniziative italiane per le pari opportunità delle persone lgbt.

Non è un caso che la Carta ha rappresentato il principale obiettivo delle polemiche vaticane e clericali contro l’Europa (il famoso relativismo…), polemiche particolarmente forti in questi paesi ove la chiesa cattolica ha più influenza: Polonia, che infatti ha ottenuto una clausola di esclusione proprio sull’applicazione della Carta, Italia e Irlanda, (guarda caso…).

Intendiamoci, io non credo che il referendum irlandese possa bloccare l’adozione del Trattato (che nessun paese ha sottoposto al vaglio popolare proprio nel timore che si verificasse quanto poi accaduto in Irlanda, dopo la Francia e l’Olanda) ma sicuramente darà nuovo vigore ai partiti e alle forze culturali contrarie ad una Europa più forte e egualitaria nel proprio diritto interno.

Il referendum irlandese, in altre parole, conferma una possibile strategia comune per tutte quelle parti che per un motivo o per un altro intendono ridurre la forza delle istituzioni europee e limitarne il potere di ingerenza negli stati nazionali. Dai nazionalisti di ogni regione fino ai clericali fondamentalisti (cattolici o protestanti che siano) l’obiettivo è unico, e se proprio non si può (o non si ha il coraggio di…) affossare le Istituzioni comunitarie, ogni passo indietro rispetto all’obiettivo di avere una sola Europa (anche nelle simbologia e nella terminologia utilizzata) è importante.

Le forze clericali da tempo si sono rese conto che l’Europa rappresenta un pericolo dal loro punto di vista, ed hanno agito di conseguenza. Fino ad ora senza grossi risultati, in verità, ma di certo la pressione sta aumentando se ormai esplicitamente in ambienti europei si parla della necessità di riformare il funzionamento della Corte di Giustizia delle Comunità europee (con sede in Lussemburgo) ed il suo potere sugli Stati nazionali .

In Italia pare essere questo il problema più sentito: le Direttive Europee e le Risoluzioni del Parlamento non fanno paura più di tanto, soprattutto alla luce dei recenti risultati elettorali che hanno prodotto una maggioranza politica che ha più di un motivo per mantenere aperto il conflitto a con le Istituzioni comunitarie. Invece la possibilità che, facendo leva sul Trattato e la sua Carta dei diritti, si possano ottenere una condanna dell’Italia su materie “sensibili” (come per esempio il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto o il matrimonio tra persone dello stesso sesso) attraverso la magistratura ordinaria è molto più concreta, quindi pericolosa.

Ecco perché c’è da attendersi qualunque tipo di iniziativa su questo fronte, anche, perché no, una strumentale richiesta di consultazione popolare (magari da negoziare in cambio di sostanziali modifiche del Trattato).

Ecco perché l’azione di affermazione civile promossa dall’Associazione radicale Certi Diritti di richiesta di pubblicazione della richiesta di contrarre matrimonio da parte di persone dello stesso sesso rivolta ai Comuni, è ancora più urgente e significativa.


Enzo Cucco
13 giugno 2008